Gerarchia:
Archivio di Paolo Betti e Lea Giaccaglia » Carteggio Betti - GiaccagliaDenominazione:
Carteggio Betti - GiaccagliaTipologia:
serieData:
1922 feb. 27 - 1936 giu. 30Note alla data:
con docc. dal 1921 e fino al 1965Consistenza:
12 bb. (con 21 fascc.)Descrizione:
«Il carteggio Betti-Giaccaglia [...] ha una consistenza di 1795 pezzi suddivisi in 17 raggruppamenti, e copre un arco cronologico che va dal 1922 al 1935. I primi due raggruppamenti, i più cospicui, contengono le lettere, le cartoline e i biglietti postali di Lea Giaccaglia al marito Paolo Betti (1, 741 pezzi), e di Paolo Betti alla moglie Lea Giaccaglia (2, 480 pezzi). I successivi raccolgono invece la corrispondenza dei coniugi Betti con i familiari e alcuni documenti sciolti» (n.d.r. S. URSO, Inventario Fondo Betti-Giaccaglia, in «Annali dell'Istituto Gramsci Emilia-Romagna», 1 (1997), pp. 170-180, in part. p. 171.).Storia archivistica:
«Il fondo, di proprietà degli eredi Betti, è stato da questi custodito e provvisoriamente ordinato. Un primo ordinamento parziale era già stato fatto dallo stesso Paolo Betti (n.d.r. Betti aveva conservato le lettere proprie e quelle della prima moglie in due pacchi, ciascuno legato con un nastro, e non permise mai alla famiglia di consultarle. Purtroppo gli eredi non sanno dove Paolo Betti, durante la guerra, avesse conservato le lettere, che aveva accuratamente nascosto, per cui ci è impossibile dire quanto dell'intero fondo possa essere andato perduto dopo il 1936, data della morte di Lea. Poichè presumibilmente le lettere, come i libri di Paolo Betti, sono rimaste a lungo sotterrate fra il 1939 e il 1945 (così ricorda la seconda moglie di Betti, Laura Dozza), è assai probabile che del carteggio originario si sia perduta solo una piccola parte. I pezzi a noi giunti, inoltre, non risultano deteriorati in modo significativo. In merito all'arco cronologico del primo ordinamento effettuato da Betti abbiamo solo ipotesi. É supposizione degli eredi che tale ordinamento sia collocabile fra il 1935 e il 1940, forse fra il 1935 e il 1936, prima della morte di Lea Giaccaglia (agosto 1936). Se ciò fosse in futuro suffragato da altri elementi, farebbe supporre un intervento sulle carte non solo di Paolo Betti, ma anche della stessa Lea Giaccaglia. Per ora si può ritenere l'ipotesi plausibile perchè dall'anno del matrimonio fra Paolo Betti e Laura Dozza (1939), fino alla morte dello stesso Betti (1972) le carte non furono mai toccate. Durante la guerra furono nascoste, e ciò rende impensabile qualunque intervento; nel dopoguerra, come ricorda la figlia Rosa Betti, furono collocate in un luogo da cui nessuno, a cominciare dal Betti stesso, le estrasse mai. Poichè la figlia ha sempre convissuto con il padre, tale testimonianza ci pare attendibile. Quanto all'ipotesi che al primo ordinamento abbia partecipato anche Lea Giaccaglia, sarebbe avvalorata esclusivamente dalle vicende biografiche di Betti fra il 1936 e 1939, anni nei quali è alquanto improbabile che Paolo abbia avuto occasione di occuparsi della propria corrispondenza [...]. Le nostre sono solo ipotesi, che meritano però di essere citate perchè appartengono comunque alla storia del carteggio».), che aveva conservato le lettere, e le aveva suddivise in modo sommario: di questo primo ordinamento resta traccia solo nei raggruppamenti 14 [Lettere di Vero Betti], 15 [Carteggio Luce Betti - Paolo Betti] e 16 [Miscellanea], che comprendono la corrispondenza coi figli (14 e 15) e la documentazione carceraria dei coniugi Betti (16). La figlia di Paolo Betti, Rosa, ha poi ordinato nuovamente le carte, dividendole in base ai destinatari. Nel caso del corposo carteggio fra il padre e Lea Giaccaglia, Rosa Betti ha suddiviso cronologicamente le lettere dei due, già distinte, nella prima sistemazione operata dal padre, in due plichi separati. Questo primo ordinamento ha permesso che il fondo ci giungesse in buono stato di conservazione» (n.d.r. S. URSO, Inventario Fondo Betti-Giaccaglia, in «Annali dell'Istituto Gramsci Emilia-Romagna», 1 (1997), pp. 170-180, in part. pp. 171-172.).Criteri di ordinamento:
L'ordinamento del fondo«Non abbiamo quindi ritenuto opportuno mutare sostanzialmente questa prima ripartiazione: siamo intervenuti soprattutto sulla corrispondenza fra i due coniugi e i familiari, e abbiamo verificato l'esatta datazione delle lettere fra Paolo e Lea, molte delle quali, poichè prive di busta (così le aveva raccolte Betti nel suo intervento), e in taluni casi prive di estremi cronologici, non sempre permettevano un criterio di datazione preciso. Per i pezzi che presentavano problemi di datazione si è così operato: oltre alla lettura a distesa del materiale, che in molti casi ci ha permesso di desumere dal contesto l'anno, è stata quasi sempre la presenza dei timbri carcerari a consentirci di collocare le missive in un arco circoscritto di tempo, corrispondente al periodo di detenzione della coppia nell'uno o nell'altro carcere (n.d.r. Qualora il timbro carcerario fosse illeggibile o irriconoscibile (casi assai rari), o qualora esso risultasse mancante (casi più frequenti, per distrazione o incuria degli addetti), siamo risaliti al luogo tramite l'indicazione (sempre presente nella intestazione delle lettere) del numero di matricola del recluso, diverso da carcere a carcere.).
I pezzi che invece presentavano una datazione monca, in cui erano presenti mese e giorno, ma assente l'anno, sono stati datati con sicurezza, grazie alla preziosa presenza di quello che chiameremo, per comodità, cappello introduttivo: un preambolo che Paolo Betti e Lea Giaccaglia utilizzavano in apertura delle proprie lettere dal carcere, e nel quale elencavano le missive ricevute dal coniuge nell'ultimo mese e la loro data di spedizione. Ai due ciò serviva per controllare il flusso della posta e l'intervento della censura, poichè era prassi comune che molte lettere venissero trattenute dai censori e mai consegnate ai destinatari.
Questo riassunto puntiglioso da parte degli scriventi, presente in tutta la posta carceraria, ci ha permesso di ricollocare all'interno di una sequenza cronologica singoli pezzi di dubbia datazione: abbiamo infatti proceduto sempre collazionando la sequenza delle lettere in nostro possesso e la sequenza elencata di volta in volta dai due mittenti. Ciò è stato estremamente utile anche per i pezzi datati in modo errato (cosa piuttosto frequente) dagli stessi corrispondenti.
La datazione dei pezzi appartenenti agli altri raggruppamenti è stata relativamente più semplice: in molti casi, forse la maggior parte, si trattava di cartoline, biglietti postali, telegrammi, nei quali il timbro postale non lasciava dubbio alcuno (si è scelto però, nell'inventario analitico, di contrassegnare ogni pezzo datato in base al timbro postale con un simbolo caratteristico, allo scopo di differenziarli dai pezzi datati dai mittenti).
Diverso è stato invece il procedimento per ordinare e inventariare le fotografie allegate al fondo e contrassegnate dai timbri carcerari (17). L'assenza di buste ci ha impedito di ricostruire un legame fra lettere e fotografie: era prassi infatti dei due coniugi e dei parenti inviare fotografie accluse alle lettere. In questo caso si è quindi proceduto, a malincuore, ad accorpare le fotografie in un raggruppamento apposito, poichè l'accorpamento alle lettere avrebbe rappresentato una azzardata ipotesi da parte nostra non sufficientemente suffragata dai riferimenti presenti nelle lettere stesse.
Un ulteriore problema hanno creato le lettere indirizzate a due destinatari contemporaneamente. Era prassi dei carcerati, che avevano solitamente diritto alla quindicina (cioè ad un massimo di due lettere mensili) (n.d.r. Fanno eccezione le cosiddette straordinarie, lettere autorizzate in casi eccezionali (malattie, lutti, ecc.) o consentite "per buona condotta"; queste ultime capitavano raramente, ma venivano di volta in volta segnalate, dal mittente al destinatario, nell'intestazione della missiva.) scrivere contemporaneamente a due persone: era quindi frequente che Paolo scrivesse alla sorella Nahir pregandola poi, allo scopo di aggirare le strettoie del regolamente carcerario, di mandare la lettera a Lea (alle restrizioni erano sottoposte non le lettere ricevute dai carcerati, ma solo quelle da loro inviate). Oppure capitava che Lea decidesse di dare proprie notizie alla madre incaricandola di mandare a Paolo un biglietto, che ella stessa allegava alla lettera per casa. In tali casi, invece di dedicare una lettera, e quindi un unico pezzo, a due destinatari, il mittente inviava al destinatario principale una lettera e allegava un secondo pezzo datato per il destinatario secondo: in questo caso si è provveduto, arbitrariamente, a separare la missiva inviata al destinatario principale da quella inviata al destinatario secondo, inserendo poi quest'ultimo nella serie che di diritto gli spettava: molte missive datate e inviate da uno dei due coniugi all'altro, ma contenute in lettera per altri, sono quindi state inserite nei primi due raggruppamenti e considerate documenti a se stanti (n.d.r. Si è provveduto poi, nella versione analitica dell'inventario [...] a disposizione degli studiosi presso la sede dell'Istituto Gramsci Emilia-Romagna, a segnalarne la presenza in nota all'interno del raggruppamento che conteneva in precedenza il documento inviato al destinatario principale.).
Un'altra scelta arbitraria è stata compiuta anche nell'ordinare e inventariare i compiti di scuola spediti da Vero Betti al padre (14), giuntici separatamente dalle lettere in cui erano originariamente inseriti, quelle che Lea Giaccaglia invia al marito dal confino (1), o quelle che Maria Giaccaglia invia alla figlia (lettere di cui non ci è rimasta alcuna traccia), o al genero Paolo Betti (3). Parte di questi documenti inviati ai figli o da essi ricevuti erano già stati raccolti da Paolo Betti (uno fra i suoi rari interventi), che li aveva selezionati in una carpetta denominata Lettere di Vero, dentro la quale era inserita una busta denominata Temi di Vero: poichè in questo caso la separazione fra documenti inviati da Vero e le lettere in cui erano inseriti era già stata operata dallo stesso Paolo Betti, abbiamo mantenuto inalterato l'ordinamento originale, aggiungendovi, coerentemente con le scelte già operate dallo stesso Betti, ma in base a nostro arbitrio, anche gli altri esercizi scolastici di Vero che risultavano slegati da qualunque lettera di Lea o di Maria Giaccaglia.
Occorre segnalare che anche i raggruppamenti 15 e 16 sono stati inventariati secondo l'ordinamento originario, proprio perchè si tratta dei soli documenti, accanto al raggruppamento 14, in cui si vede l'intervento del Betti.
Se i problemi di datazione sono stati parzialmente risolti, non così è stato per il luogo di provenienza delle lettere. L'assenza delle buste e in alcuni casi l'assenza del luogo di provenienza nell'intestazione delle lettere ci hanno obbligati a ricostruire questo dato tramite l'ausilio di altre fonti, segnatamente la documentazione proveniente dal Casellario Politico Centrale e le fonti orali: le interviste agli eredi, utilizzate come elementi di controprova in appoggio alla documentazione ufficiale, hanno contribuito a colmare le lacune. Ove ciò è stato impossibile, l'assenza del luogo di provenienza delle lettere è stata segnalata nell'inventario analitico da sigla apposita, a fianco dei singoli pezzi in elenco.
Destinatari e mittenti
I raggruppamenti sono quindi stati ordinati in base a due criteri: singoli destinatari o singoli mittenti della corrispondenza di e a Paolo Betti e Lea Giaccaglia. Solo in tre casi (per es. 8, 10 e 11) un solo raggruppamento accorpa più mittenti: ciò è stato possibile perchè gli scriventi, in questi casi, erano individuabili come un soggetto collettivo (una famiglia, un gruppo di confinati...); si è ritenuto opportuno scegliere questa partizione anche perchè ai singoli componenti del gruppo (famigliare o amicale) non erano attribuibili più di uno o due documenti.
Tale scelta ci ha guidati soprattutto quando ci trovavamo di fronte a lettere inviate dalla famiglia dei due reclusi. Per alcuni membri dei due nuclei familiari si è però scelto un criterio differente: ad esempio le lettere di Umberto Giaccaglia ai coniugi Betti (6) e di Aldo Giaccaglia a Paolo Betti (7) che raccolgono la corrispondenza fra i coniugi Betti e due singoli membri della famiglia Giaccaglia, non sono stati accorpati, come accade per la famiglia Betti (8), in un raggruppamento a mittente collettivo (n.d.r. A maggior ragione ciò vale per Maria Giaccaglia, madre di Lea, che compare come mittente e destinatario di ben tre raggruppamenti (3, 4 e 5), perchè è protagonista della vicenda quasi al pari di Lea e Paolo.). Il vincolo familiare fra i due mittenti (Umberto Giaccaglia è il padre di Lea e Aldo è il solo fratello di Lea che abbia militato nel Pcd'I) lo avrebbe permesso, ma il ruolo che i due uomini hanno, all'interno dell'intero carteggio e nella storia carceraria di Paolo e Lea, ci ha spinti ad isolarne le figure per meglio sottolinearne l'importanza. Lo stesso criterio è stato seguito per ognuno dei raggruppamenti minori in cui i mittenti, che avrebbero potuto essere accorpati in base a più di un criterio logico, sono stati isolati proprio per dare risalto al loro ruolo all'interno del mondo di relazioni dei coniugi Betti (ci riferiamo in particolare ai raggruppamenti 9, 11, 12).
Criteri nella descrizione del fondo
Al momento dell'inventariazione sono stati osservati i seguenti criteri:
1) non limitarsi agli estremi cronologici complessivi, ma evidenziare il periodo di interruzione dei carteggi. Ciò è utile alla consultazione perchè permette di ricostruire la natura dei rapporti tra la coppia Berti e chi stava "fuori" dal carcere. In particolar modo le assenze possono fornire un dato utile allo scopo di individuare i rapporti fra Paolo, Lea e i loro familiari;
2) segnalare, ove possibile, i luoghi di provenienza delle lettere, allo scopo di ricostruire un reticolato di contatti e rapporti, ma soprattutto con l'intento di mostrare, attraverso l'inventario, anche una vera e propria geografia carceraria (n.d.r. Naturalmente per i dati più precisi sui singoli luoghi di detenzione e sulla denominazione dei penitenziari si rimanda alla scheda biografica di Paolo Betti e Lea Giaccaglia.). Ogni istituzione carceraria, durante il periodo fascista, aveva un proprio regolamento interno, che rimanda ad una storia sociale del carcere fascista, da cui lo studio di questo carteggio non può prescindere. All'interno di questa storia sociale ve ne è una seconda, non meno importante: la presenza di altri antifascisti nelle medesime carceri e nel medesimo periodo in cui vi si trovavano i due Betti può permettere di indirizzare percorsi di ricerca sul carteggio anche in questa direzione. Può essere quindi estremamente utile, avendo la geografia e la cronologia carceraria dei coniugi Betti, ricostruire anche la mappa delle relazioni intessute con altri antifascisti durante la prigionia;
3) scegliere una gerarchia nella numerazione dei raggruppamenti che permettesse di individuare "a colpo d'occhio" quali fossero i rapporti epistolari più ricchi ai fini delle future ricerche sul fondo (n.d.r. S. URSO, Inventario Fondo Betti-Giaccaglia, in «Annali dell'Istituto Gramsci Emilia-Romagna», 1 (1997), pp. 170-180, in part. pp. 172-176.).
Strumenti di ricerca:
Simona Urso, Inventario Fondo Betti-Giaccaglia, <<Annali dell'Istituto Gramsci Emilia-Romagna>>, 1997.Note:
Documentazione collegata:Presso la Fondazione Gramsci Emilia-Romagna è conservata la biblioteca di Paolo Betti e Lea Giaccaglia, consistente in 171 pezzi e costituita dal «materiale bibliografico contrassegnato con il timbro carcerario e che quindi è passato per le mani dei due coniugi durante la detenzione: ci troviamo quindi di fronte a documenti in grado di raccontare, al pari delle lettere, il vissuto carcerario del fondo Betti Giaccaglia» (n.d.r. Simona Urso, Inventario Fondo Betti-Giaccaglia, in «Annali dell'Istituto Gramsci Emilia-Romagna», 1 (1997), pp. 170-180, in part. pp. 175-176.).
La documentazione è conservata da:
La documentazione è stata prodotta da:
Redazione e revisione:
- Redatta in xDams , 20/06/2016 - 14/12/2016
Bibliografia:
- Simona Urso, Inventario Fondo Betti-Giaccaglia, «Annali dell'Istituto Gramsci Emilia-Romagna», 1997. , pp. 170-180.