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Gabinetto, Persone pericolose per la sicurezza dello Stato

Gerarchia:

Archivio della Questura di Bologna (descrizione parziale) » Gabinetto, Persone pericolose per la sicurezza dello Stato

Denominazione:

Gabinetto, Persone pericolose per la sicurezza dello Stato

Altre denominazioni:

  • Sovversivi
  • Casellario politico permanente
  • Casellario politico provinciale

Tipologia:

serie

Data:

1872 mar. 28 - 1983 giu. 25

Note alla data:

con docc. in copia del 30 lug. 1984

Consistenza:

223 bb. (con 8644 fascc.)

Descrizione:

Si compone della documentazione appartenente alla cat. A8 ("Persone pericolose per la sicurezza dello Stato") del titolario di classificazione degli atti della Questura.
Le tipologie documentarie presenti all'interno delle unità archivistiche sono tra le più varie:

- verbali di denuncia, di perquisizione, di arresto, di interrogatorio, di diffida;
- copie delle sentenze dei tribunali ordinari e straordinari;
- verbali delle commissioni per l'ammonizione e il confino;
- certificati ed estratti anagrafici e giudiziari;
- fotografie personali e segnaletiche;
- schede biografiche;
- materiale sequestrato (carte d'identità, passaporti, tessere di partito e di sindacato, materiale a stampa), corrispondenza revisionata (in originale ed in copia).

Regole di accesso ed uso:
Si ritiene che la documentazione della cat. A8 sia soggetta al limite di consultabilità di 70 anni previsto dal D.lgs. 22 gen. 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), art. 122, c. 1.; Per richiedere le riproduzioni del materiale archivistico occorre compilare l'apposito modulo e provvedere al pagamento anticipato delle relative spese, il cui importo è determinato sulla base del tariffario ministeriale in vigore.
Le richieste possono essere presentate solo per motivi di studio e per uso strettamente personale. Per ogni diverso uso è indispensabile una apposita autorizzazione o concessione, il cui rilascio è sottoposto a precise clausole e condizioni e subordinato al pagamento di specifici corrispettivi, oltre che delle spese di fotoriproduzione.
È possibile richiedere fotoriproduzioni del materiale archivistico anche per corrispondenza, indicando esattamente la corretta segnatura archivistica e comunque tutti gli elementi necessari per l'identificazione dei documenti. L'Istituto provvederà a comunicare i costi ed il pagamento dovrà, anche in questo caso, essere effettuato anticipatamente, solo ed esclusivamente con vaglia postale intestato al direttore dell'Archivio di Stato di Bologna.
È consentita inoltre agli studiosi la riproduzione del materiale archivistico in consultazione con propria fotocamera digitale. Tale modalità è sottoposta a specifica autorizzazione e a precise condizioni, per le quali si veda l'apposito regolamento.
Autorizzazione a pubblicare
Una speciale autorizzazione è prevista qualora le riproduzioni siano destinate alla pubblicazione. Per ottenerla, dovrà essere presentata un'apposita domanda compilata secondo il facsimile disponibile in sala di studio.
L'autorizzazione viene rilasciata in esenzione dal pagamento dei relativi diritti nei seguenti casi:
- pubblicazioni con tiratura inferiore a 2.000 copie e prezzo di copertina inferiore a euro 77.47;
- periodici di natura scientifica.
Negli altri casi, le norme vigenti prevedono un corrispettivo supplementare, pari a tre volte la tariffa per l'acquisto delle riproduzioni.

Storia archivistica:

1. Archivio generale (1859-1903)
Per un primo periodo che va dal 1859 al 1887 l'archivio generale risulta ordinato cronologicamente per singoli anni, all'interno dei quali la documentazione è organizzata sulla base di un titolario costituito da ventisei voci principali (la cui denominazione non è sempre nota) e articolato su due livelli.
La circolare della Direzione generale di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno del 16 settembre 1887, n. 9048 relativa agli archivi dei servizi di pubblica sicurezza introdusse un nuovo titolario. Questo secondo piano di classificazione appare, rispetto al precedente, ridotto (sole venti voci principali) e semplificato (un solo livello), ma significativamente arricchito di una categoria prima non compresa, quella relativa alle statistiche. Inoltre, fuori dalle partizioni individuate, l'inventario dell'archivio generale registra la presenza di un consistente "casellario generale", descritto in coda alla documentazione classificata e dedicato alla raccolta sistematica di informazioni su tutti coloro i quali fossero entrati in rapporto con gli uffici di pubblici sicurezza.
Dal 1888 e fino al 1899 le carte, classificate sulla base delle materie comprese nel nuovo titolario, non sono più suddivise per singolo anno ma aggregate in fascc. che coprono l'interno arco cronologico 1888-1899.
Infine, dal 1900 e fino al 1903 la suddivisione torna a essere per singolo anno, organizzata sempre sulla base del titolario adottato nel decennio precedente.
Un nuovo titolario di classificazione degli atti degli archivi di pubblica sicurezza fu stabilito con le istruzioni ministeriali del 1° giugno 1903 n. 9048-1. Sfortunatamente l'Archivio di Stato di Bologna non ha finora ricevuto il versamento della documentazione relativa al periodo successivo.
2. Archivio di Gabinetto (1859-1899)
L'originario sistema di archiviazione degli atti dell'archivio di Gabinetto della Questura di Bologna prevedeva per il periodo 1859-1874 un ordinamento cronologico per anno e una suddivisione in fascc., numerati progressivamente all'interno di ogni anno. Ciascun fasc. riuniva le carte relative a uno stesso oggetto e quindi corrispondeva a un affare ben determinato consumato nell'anno in questione. È però frequente che all'interno del fasc. si riscontri la presenza di documentazione di anni diversi da quello in cui la pratica era stata aperta, per un principio di naturale sedimentazione di carte relative allo stesso oggetto: prassi comune questa in un archivio non strutturato sulla base di un piano di classificazione, che in tal caso riproporrebbe la stessa rubrica o classe anche per gli anni successivi, e dove, dunque, non sarebbe raro trovare il medesimo affare/oggetto distribuito su più fascc. annuali classificati in ugual modo.
Nel solo anno 1875 i fascc. del Gabinetto risultano classificati con lettere dell'alfabeto, mentre dal 1876 al 1888 il materiale è archiviato secondo le stesse modalità del periodo 1859-1874, ossia per fascc. numerati progressivamente, all'interno dei quali però la documentazione non fa più riferimento a un singolo anno, ma a un arco cronologico ben più ampio: si riscontrano così unità archivistiche che abbracciano l'intero intervallo 1876-1888 o sezioni di questo.
La già citata circolare della Direzione generale di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno del 16 settembre 1887, n. 9048 relativa agli archivi dei servizi di pubblica sicurezza intervenne a introdurre un nuovo titolario per gli archivi generali delle questure, e verosimilmente a sollecitare l'adozione di nuove prassi organizzativa anche per gli archivi di gabinetto. Fu così che la Questura di Bologna elaborò un inedito piano di classificazione per gli atti di Gabinetto che regolò l'organizzazione della documentazione prodotta nel rimanente decennio 1889-1899.
Il piano fu articolato in dieci categorie individuate da un numero e da una denominazione (l'ottava non si è conservata):
- 1 funzionari di pubblica sicurezza;
- 2 uscieri;
- 3 agenti di pubblica sicurezza;
- 4 aspiranti agenti di pubblica sicurezza;
- 5 locali e casermaggio;
- 6 spirito pubblico;
- 7 ordine pubblico;
- 9 informazioni;
- 10 spese e contabilità.
La documentazione, individuata dalla categoria, è ordinata sempre cronologicamente per lo più per singoli anni. La documentazione prodotta successivamente al 1899 non è stata ancora versata all'Archivio di Stato di Bologna: gli atti di Gabinetto coprono dunque un arco cronologico che va dal 1859 al 1899.
3. Categoria A8 (Persone pericolose per la sicurezza dello Stato)
A differenza della documentazione afferente all'archivio generale e all'archivio di Gabinetto, la categoria delle "Persone pericolose per la sicurezza dello Stato" copre un arco cronologico che comprende quasi tutto il Ventesimo secolo e rispecchia pertanto sia le tradizionali prassi archivistiche in uso durante l'Ottocento presso l'ufficio di Gabinetto (che perdurarono verosimilmente anche oltre il 1899), sia le nuove regole dettate dai titolari del Novecento.
Il titolario introdotto dalle istruzioni ministeriali del 1° giugno 1903 provvide infatti a invididuare all'interno della divisione 1ª Gabinetto la specifica categoria speciale A8 (denominata "Schedario" o "Caselle permanenti"), mentre il nuovo titolario per gli archivi delle questure, emanato con circolare del Ministero dell'interno n. 10.10083.D del 1° dicembre 1931, definì tra le materie della divisione 1ª Gabinetto quella delle "Persone pericolose per la sicurezza dello Stato", individuata sempre dall'indice A8.
La documentazione, che nel periodo precedente all'introduzione dei due titolari veniva genericamente rubricata sotto la denominazione di "Sovversivi", a partire dal 1903 fu dunque sistematicamente inserita all'interno delle griglie del titolario entro la categoria A8, destinata tra l'altro alla conservazione permanente.
In periodo fascista in particolare si assistette a una dilatazione senza precedenti, sia a livello quantitativo, ma soprattutto qualitativo, dell'attività di schedatura. Nel corso del biennio 1930-1931 la documentazione fu inoltre progressivamente riorganizzata, con la creazione, accanto ai fascc. attivi, di due sottoserie di unità archivistiche passate in fase di quiescenza (proprio nel 1931 acquisì rilevanza quantitativa il fenomeno della chiusura dei fascc.) e denominate "Radiati" (comprendente i sovversivi esclusi dalla sorveglianza di polizia perché "ravveduti" e quindi ritenuti non più pericolosi) e "Defunti".
Tali movimenti nella serie a livello locale coincisero verosimilmente col più ampio intervento di riorganizzazione del Casellario politico centrale presso il Ministero dell'interno a opera del nuovo direttore Tommaso Pennetta, che tra il 1926 e il 1932 provvide a rivedere la posizione di migliaia di sovversivi in vista della loro radiazione dal novero (n.d.r. Cfr. G. TOSATTI, L'anagrafe dei sovversivi italiani: origini e storia del casellario politico centrale, in «Le carte e la storia», 2 (1997), pp. 133-150, in part. pp. 141-142).).
In tempi molto più tardi, difficili però da precisare, la serie si arricchì di un'ulteriore partizione, denominata "Defunti di recente", predisposta per raccogliere i fascc. dei sovversivi la cui attività si concentrò quasi interamente nei decenni del secondo Dopoguerra e, in particolar modo, nei periodi critici della Guerra fredda.
La serie rappresentò un formidabile strumento di controllo politico e sociale per la provincia di Bologna fino allo scoppio del Secondo conflitto mondiale, e in particolare fino all'anno dell'ingresso dell'Italia tra i paesi belligeranti (il 1940 si presenta come un altro significativo passaggio nell'organizzazione della documentazione, un anno che segna l'avvio dell'intensa campagna di dismissione del casellario), quando gli strumenti della prevenzione, della segnalazione e della sorveglianza di polizia cedettero progressivamente il passo alla propaganda e alla repressione. Il complesso documentario fu così relegato in una posizione marginale, nella quale fu mantenuto con scarsissime implementazioni fino all'emanazione della legge 1° aprile 1981, n. 121 recante le norme per un nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza, che sostituì ai tradizionali uffici politici che avevano fino ad allora sovrainteso alla sua organizzazione le più agili strutture e i più moderni strumenti della Divisione investigazioni generali e operazioni speciali (Digos).
Ancora però le circolari del Ministero dell'interno n. 10083/F(12)1 del 1° dicembre 1971 e n. 10.6265/10083.F(12)2 del 20 dicembre 1971 (Nuovo ordinamento degli archivi degli uffici di PS - Istruzioni), erano intervenute a stabilire una parziale riforma al sistema archivistico fin lì attuato, confermando l'A8 tra le categorie permanenti della divisione 1ª Gabinetto da conservare quindi illimitatamente.
É sulla base di queste ultime disposizioni che nel 2004 la Questura ha provveduto al versamento dell'intera categoria A8, l'unica tra le voci individuate come permanenti dal titolario del 1971 presente al momento in Archivio di Stato.
4. Breve nota sullo schedario in uso presso le questure
Presso le questure era in uso uno schedario nominativo comprendente "le schede relative a tutte le persone per le quali sono stati istituiti fascicoli, indipendentemente dalla divisione e dalla categoria cui si riferiscono" e "i cartellini di richiamo relativi agli individui riconoscibili mediante soprannomi o pseudonimi".
Le schede erano costituite "di una parte anteriore in cui sono indicati cognome, nome, luogo e data di nascita, professione o mestiere, soprannome o pseudonimo e sono inserite 104 caselle, 94 delle quali recanti le formule delle corrispondenti categorie destinate a fascicolazioni nominative" e "di una parte posteriore suddivisa in tre branche corrispondenti alle articolazioni dei servizi di gabinetto, giudiziari ed amministrativi, in cui sono riportati due ordini successivi di colonne per ogni divisione, destinati all'annotazione della categoria e dell'anno cui il singolo fascicolo si riferisce".
Lo schedario era realizzato con cartoncini di dimensioni uniformi (cm. 18,7 x 15,6); le schede venivano eliminate solo in caso di esclusivo riferimento a fascicoli per cui fosse definito il procedimento di scarto.
Prendendo così nota delle categorie nelle quali era possibile rinvenire precedenti del soggetto, la questura aveva una visione completa della posizione delle persone (Dati tratti da Ministero dell'interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Servizio polizia amministrativa e sociale, Ordinamento degli archivi degli uffici di pubblica sicurezza. Istruzioni, pp. 10-11, emanato con circolare 10083.F(12)1 del 1° dicembre 1971 (n.d.r. Trattandosi di disposizioni che fanno esplicito riferimento ad "ammodernamento e aggiornamento" degli schedari degli archivi mediante l'inserimento di "nuovi cartellini nominativi", è lecito supporre (ipotesi confortata dall'analisi diretta dei docc.) che anche precedentemente al 1971 fosse in uso uno schedario (generale o particolare per divisione), indispensabile al governo della gran mole dei fascc. nominativi.)).
Considerato, dunque, il carattere omnicomprensivo della sua funzione, lo schedario nominativo non è stato versato in Archivio di Stato in concomitanza col trasferimento dei fascicoli della cat. A8.

La serie è stata versata dalla Questura di Bologna all'Archivio di Stato di Bologna il 22 luglio 2004.

Redazione inventario:
Inventario a cura di Salvatore Alongi redatto nel 2009 nell'ambito del progetto "Una città per gli archivi", promosso dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

Note storico amministrative
1. Primo periodo postunitario
Dopo la nascita del regno d'Italia, l'organizzazione della polizia fu regolamentata dalla legge 20 marzo 1865, n. 2248 per l'unificazione amministrativa del regno d'Italia (allegato B, legge sulla sicurezza pubblica). La legge estendeva al nuovo Stato unitario la normativa vigente presso il regno di Sardegna.
Per quel che concerne nello specifico la materia del controllo e della repressione del dissenso politico e del sovversivismo, la legge dedicò la sezione IX al tema "Dei condannati alla speciale sorveglianza della polizia" (artt. 77-83). L'art. 82, in particolare, imponeva all'autorità locale di pubblica sicurezza di tenere un apposito registro in cui annotare «gl'individui sottoposti alla speciale sorveglianza nel suo distretto».
Alla sorveglianza di polizia, che comprendeva la dichiarazione del proprio domicilio all'autorità di pubblica sicurezza e la richiesta di autorizzazione per variarlo, il divieto di uscire in determinate ore del giorno, a circolare armati e a frequentare determinate persone o assembramenti, erano per lo più condannati oziosi e vagabondi, ladri, truffatori e ricettatori.
Nulla sul sovversivismo politico. Di tale carenza ancora nel 1886 si lamentava un sociologo e funzionario di pubblica sicurezza impiegato presso l'amministrazione centrale, Giuseppe Alongi, che nel suo Polizia e delinquenza in Italia annotava: «Nessun sussidio si ha di quei congegni che rendono onnipresenti ed invisibili le altre polizie, non anagrafi, non aiuti antropometrici, ma ingombro di inutili circolari» (n.d.r. Cfr. G. ALONGI, Polizia e delinquenza in Italia. Saggio, Roma, Ufficio Dell'agente di Pubblica Sicurezza, 1886.).
2. Riforme crispine
Un periodo particolarmente significativo per l'amministrazione della pubblica sicurezza in Italia si aprì con le riforme crispine del biennio 1888-89. Al volgere del 1888, infatti, il primo governo Crispi (29 luglio 1887 - 9 marzo 1889) presentò una nuova legge sulla pubblica sicurezza, data a Roma il 23 dicembre 1888, col n. 5888. L'entrata in vigore di lì a poco del nuovo codice penale, firmato dal guardasigilli Giuseppe Zanardelli e promulgato il 30 giugno 1889, impose al legislatore la necessità di coordinare la legge col codice (possibilità già prevista tra l'altro dall'art. 142 dalla stessa legge sulla pubblica sicurezza): il governo, delegato a tale scopo, predispose un testo unico della legge di pubblica sicurezza coordinata col codice penale, approvato con r.d. 30 giugno 1889, n. 6144, col relativo regolamento per l'esecuzione, dell'8 novembre dello stesso anno.
L'ingente lavoro preparatorio e di documentazione che precedette il varo delle leggi e dei provvedimenti citati a opera del governo Crispi mirò non solamente a collocare le nuove iniziative nell'ambito di quelle già adottate dagli altri stati europei, ma anche a favorire quei processi di modernizzazione dei modelli organizzativi e dei metodi di indagine che rappresentavano la fondamentale preoccupazione delle classi dirigenti dell'epoca in rapporto alle attività di controllo politico e sociale.
Crispi raccolse, inoltre, informazioni sui precedenti nel campo delle leggi eccezionali e sugli istituti dell'ammonizione e del domicilio coatto. Quest'ultimo provvedimento fu ulteriormente incrementato dalla legge del 1889 quale alternativa al carcere. Il domicilio coatto non veniva però pronunciato dalla giustizia ordinaria a seguito di regolare processo, ma da una commissione, e di prassi solamente contro chi non era possibile rinviare a giudizio per mancanza di specifiche prove di colpevolezza.
Ma Crispi non si limitò a riportare in auge i vecchi strumenti repressivi (quali le leggi eccezionali) o preventivi (come l'ammonizione e il domicilio coatto), ma provvide a individuare strade nuove, "mezzi piccini" come li definì molta critica contemporanea (anagrafe, polizia, personale ausiliario), primo fra tutti lo stretto e paziente controllo attuato dalla polizia nei confronti delle persone pericolose sul piano politico. Tali mezzi gli garantirono i maggiori progressi nella prevenzione delle mosse delle associazioni politiche più pericolose, grazie anche all'attenzione rivolta agli strumenti più moderni, quali l'introduzione della fotografia, la catalogazione e il metodo antropometrico. Alcune di queste innovazioni rivelarono una funzionalità tale da essere conservate e, anzi, nel tempo potenziate, come sarebbe avvenuto per lo Schedario biografico degli affiliati ai partiti sovversivi (1894).
Numerose e importanti, dunque, le innovazioni apportate dal riformismo crispino all'amministrazione della pubblica sicurezza già durante questa sua prima esperienza di governo. Da un rapido confronto tra la legge del 1865 e il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1889 emerge chiaramente l'intento del legislatore di concentrare sotto un unico titolo (il III) non solo tutte le disposizioni relative alle sanzioni comminabili dall'amministrazione della pubblica sicurezza (l'ammonizione, la vigilanza speciale e il domicilio coatto), ma soprattutto di affrontarvi la trattazione di quei fenomeni ritenuti ad alta pericolosità sociale (l'accattonaggio e la mendicità ad esempio, prima genericamente rubricati tra le disposizioni per l'ordine pubblico), sanabili alla stregua di un problema di pubblica sicurezza.
Tra le novità presenti in quella legislazione, che più di tutte avrebbero dovuto costituire il nucleo centrale intorno al quale far ruotare tutto il lavoro di controllo e investigazione, e che di conseguenza avrebbero dovuto maggiormente incidere sulla fisionomia degli archivi di polizia, ma che per diversi motivi non trovarono piena applicazione, valga citarne almeno due.
La prima fu quella prevista dall'art. 93 del regolamento attuativo del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1889: «In ogni ufficio di pubblica sicurezza, così provinciale e circondariale come nelle sezioni di questura, sono tenuti un registro nominativo ed i fascicoli riguardanti i singoli ammoniti, sorvegliati speciali e altri pregiudicati che hanno domicilio nella rispettiva circoscrizione, nelle forme che saranno stabilite con istruzioni ministeriali. In ogni fascicolo individuale sarà tenuta una cartella biografica in cui sono riassunti tutti i precedenti, le imputazioni e le condanne del pregiudicato».
La circolare ministeriale del 4 gennaio 1890 per l'esecuzione dell'art. 93 del regolamento di pubblica sicurezza specificò poi che la cartella biografica, munita di fotografia (dove disponibile), doveva seguire il pregiudicato, e quindi l'autorità di pubblica sicurezza avrebbe dovuto provvedere a inviarla presso l'ufficio competente per il nuovo domicilio del soggetto.
La seconda innovazione, sicuramente più impegnativa per la stessa amministrazione, fu il Servizio di anagrafe statistica. Annunciato già in una circolare del 30 ottobre 1887, che fissava al 1° ottobre 1888 l'inizio dei lavori di compilazione dei fogli individuali relativi a tutta la popolazione dimorante nel raggio di giurisdizione di ciascun ufficio di pubblica sicurezza, il Servizio fu poi istituito ufficialmente dall'art. 141 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1889 in ogni ufficio di sezione delle città sedi di questura, e disciplinato dagli artt. 109-115 del regolamento attuativo. Diverse circolari emanate tra il 1888 e il 1890 intervennero, poi, a meglio precisare le istruzioni per la tenuta e la compilazione dei registri. Fu ad esempio stabilito che i cartellini dei pregiudicati, dei condannati alla vigilanza speciale di pubblica sicurezza, degli ammoniti e degli assegnati a domicilio coatto dovessero avere un colore diverso dagli altri ed essere accuratamente custoditi in uno scaffale separato.
Col passare dei mesi si rese dunque sempre più evidente che l'azione di controllo della polizia avrebbe dovuto dirigersi in maniera più mirata contro gli internazionalisti e gli anarchici. In questo quadro si colloca la circolare della Direzione generale della pubblica sicurezza del 23 gennaio 1889, n. 443 con la quale si chiedeva ai prefetti di predisporre una statistica esatta degli anarchici di ogni provincia. La circolare raccomandava che fossero inviate al Ministero le generalità, i connotati e un breve profilo biografico dei capi e degli anarchici in genere e degli aderenti ai partiti sovversivi: emerge dunque chiara l'esigenza della Direzione generale di avere a disposizione nei propri archivi i dati essenziali dei maggiori oppositori politici.
Mentre, dunque, la prima tipologia di fascicoli relativa agli ammoniti avrebbe dovuto indirizzarsi al controllo esclusivo delle persone "pericolose alla società", la seconda si sarebbe indirizzata alla sorveglianza della restante popolazione, per la quale la polizia non disponeva di alcun dato.
A Bologna in particolare l'avvio del Servizio di anagrafe statistica è testimoniato dall'intensissimo scambio intercorso a partire dal dicembre 1887 tra il questore e gli ispettori responsabili delle quattro sezioni nelle quali era articolato il territorio urbano: levante, ponente, settentrione e mezzogiorno.
Dopo un'intensa fase di progettazione, il Servizio di anagrafe statistica fu effettivamente impiantato, la popolazione avvisata, gli stampati distribuiti, le strade e gli edifici censiti. Fu perfino progettato il mobilio (n.d.r. Cfr. ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA, Questura, Gabinetto, b. 228, Servizio anagrafico (1889-1896).).
L'anagrafe fu però lasciata di fatto decadere alla sostituzione del Crispi col Nicotera (febbraio 1891), per essere ripresa con gli stessi criteri e le stesse norme all'epoca del secondo ministero Crispi (15 dicembre 1893) e infine definitivamente abbandonata nel 1896 con la caduta del terzo governo Crispi (10 marzo 1896). Le motivazioni che portarono alla decisione, esposte nella circolare della Direzione generale di pubblica sicurezza del 14 ottobre 1896, paiono abbastanza chiare: l'anagrafe di pubblica sicurezza si presentava di fatto come una vera e propria duplicazione dell'anagrafe municipale.
Si è già accennato come nuovo impulso alla riforma della pubblica sicurezza, e nuovi rilevanti conseguenze sulle vicende archivistiche dei complessi legati alla sua amministrazione, sia venuta dal secondo e terzo governo Crispi (15 dicembre 1893 - 10 marzo 1896), il quale, di fronte alla crescente opposizione socialista e ai numerosi attentati anarchici (alcuni anche contro la stessa persona del presidente del Consiglio), predispose una legislazione eccezionale (temporanea, ma più volte prorogata), costituita da tre principali provvedimenti, tutti emanati il 19 luglio 1894: la legge n. 314 sui reati commessi con materie esplodenti, la legge n. 315 sull'istigazione a delinquere e sull'apologia dei reati commessi per mezzo della stampa, e la legge n. 316 sui provvedimenti di pubblica sicurezza, interamente dedicata al domicilio coatto e alla relativa commissione provinciale.
Al 25 maggio risale, invece, la circolare n. 5116 (la più rilevante da un punto di vista strettamente archivistico), con la quale si istituì, presso la Direzione generale di pubblica sicurezza (struttura che proprio in quegli anni andava acquistando un peso sempre più crescente), il Servizio dello schedario biografico degli affiliati ai partiti sovversivi (il primo embrione del casellario politico centrale). Una seconda circolare ministeriale in materia fu la n. 9329 del 16 agosto 1894, la quale intervenne a precisare quali notizie relative ai sovversivi dovessero essere riferite alla Direzione generale; una terza, mai entrata in vigore, risalente all'ottobre 1895, sollecitava gli uffici a corredare di fotografie i moduli informativi. Infine il 1° giugno 1896 fu emanata durante il secondo governo Di Rudinì (10 marzo - 11 luglio 1896) la circolare n. 5343 (generalmente ritenuta quella istitutiva del casellario politico centrale), che riuniva e coordinava tutte le istruzioni fornite fino ad allora, a testimoniare come l'innovazione, sebbene legata alla volontà dello statista siciliano, si fosse rivelata tanto funzionale nel controllo delle persone sul piano politico da essere conservata e persino potenziata.
La costituzione di uno Schedario biografico presso la Direzione generale scaturì evidentemente dalla necessità di dare risposta agli inconvenienti provocati dall'assenza di uno strumento centralizzato, col conseguente dispendio di tempo e risorse nella ricezione delle informazioni. Lo Schedario fu naturalmente il frutto di un costante contatto tra Ministero e prefetture, che, data la necessità di tenere sempre aggiornate le proprie schede, erano costrette a mantenere sempre desta l'attenzione sulle attività e gli eventuali spostamenti dei sovversivi, attuando un'incisiva azione di polizia preventiva e costituendo presso di sé piccoli schedari provinciali. Le autorità locali di pubblica sicurezza - sgravate dell'onere rappresentato dall'anagrafe statistica - furono dunque con sempre maggior frequenza e intensità coinvolte nella grandiosa operazione di allestimento e aggiornamento dello Schedario biografico. Attraverso la compilazione di due diversi moduli, essenzialmente profili biografici particolarmente dettagliati, la polizia si assicurava il controllo sugli individui considerati più temibili; proprio a partire dal biennio 1894-1896 la serie dei sovversivi presso la Questura di Bologna cominciò ad assumere una propria fisionomia e una reale consistenza.
Con l'impianto dello Schedario degli affiliati ai partiti sovversivi ebbe così inizio in forma propria il meccanismo organico della schedatura, vero emblema di tutta la congiuntura repressiva crispina.
Dall'analisi fin qui elaborata appare lampante l'evoluzione della funzione di controllo demografico e sociale espletata dalla polizia in chiave sempre più selettiva e mirata - da servizio di anagrafe statistica a servizio dello schedario biografico, da sorveglianza della popolazione al controllo esclusivo delle "persone pericolose alla società" -, a fronte di risorse sempre più scarse e dinanzi alle sempre più pressanti esigenze di prevenzione e repressione del fenomeno del sovversivismo, declinato nelle sue varie forme (anarchismo, internazionalismo, socialismo, etc.).
3. Regime fascista
Il 1926 rappresentò un ulteriore anno di svolta nella storia del controllo e della repressione del dissenso, grazie all'emanazione di una serie di provvedimenti che, oltre a determinare il transito verso la cosiddetta "dittatura a viso aperto", influenzarono significativamente la sedimentazione delle carte e generarono nuove e diverse tipologie documentarie.
Il regime fascista, infatti, attraverso un nuovo testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (approvato con r.d. 6 novembre 1926, n. 1848) sottrasse il principale dei "surrogati" del processo penale, l'ammonizione, alle competenze del presidente del locale tribunale (cui il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1889 l'aveva demandata, ex artt. 94-116), per delegarlo a una commissione provinciale composta dal prefetto, dal procuratore del re, dal questore, dal comandante l'Arma dei carabinieri reali nella provincia e da un ufficiale superiore della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (art. 168), prevedendo che l'istituto dell'ammonizione venisse impiegato contro chi, essendo stato sottoposto a giudizio «questo sia finito con sentenza assolutoria per insufficienza di prove, ovvero sia incorso in un procedimento nel quale sia stato dichiarato, dal giudice dell'istruzione, non doversi procedere per insufficienza di prove» (art. 167). L'autorità politica veniva, così, chiamata a porre rimedio alle "mancanze" del sistema giudiziario, attraverso il rafforzamento della posizione del prefetto e di tutta l'amministrazione della pubblica sicurezza, la cui preminenza sulle strutture del partito (quali ad esempio la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale) fu in tal modo ribadita. Il successivo testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, ampliò notevolmente la gamma dei delitti per i quali era prevista l'ammonizione, collocando significativamente al primo posto quelli «contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico» (art. 165).
Anche l'antico istituto "quasi perfetto" del domicilio coatto (regolato dagli artt. 123-132 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1889), ora ribattezzato confino di polizia, subì profonde modifiche: mentre in precedenza il provvedimento era stabilito da una commissione provinciale mista composta dal prefetto, dal presidente del tribunale, dal procuratore regio, dal capo dell'ufficio provinciale di pubblica sicurezza e dal comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri, col nuovo testo del 1926 l'assegnazione al confino e la sua durata furono demandate alla commissione già prevista per l'ammonizione, che poteva pronunciarsi sia contro i soggetti già ammoniti che contro «coloro che abbiano commesso o manifestato il deliberato proposito di commettere atti diretti a sovvertire violentemente gli ordinamenti nazionali, sociali o economici costituiti nello Stato» (art. 184). Il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 estese il raggio d'azione della commissione anche alle «persone diffamate» e non ancora ammonite (art. 181), scardinando il tradizionale "cursus" che dalla diffida (la prima delle misure di prevenzione nei confronti di persone considerate pericolose per la sicurezza e la moralità pubblica) portava gradualmente fino al confino. Il confino di polizia non va confuso col confino semplice, istituto già previsto dal codice penale del 1889, ma soppresso col nuovo codice penale del 1930.
Il regime fascista si spinse però ben oltre, riuscendo in quello in cui i regimi liberali avevano fallito (o verso cui avevano deciso di non spingersi), vale a dire rendere in qualche modo permanenti quelle misure straordinarie di repressione che fino a quel momento erano state adoperate in circostanze di spazio e di tempo limitate. Con la legge 25 novembre 1926, n. 2008 relativa a "Provvedimenti per la difesa dello Stato" l'impiego eccezionale dei tribunali militari trovò stabile applicazione nell'istituzione di un nuovo tribunale speciale, con giurisdizione su tutto il Regno, ordinato presso il Ministero della guerra, che ne determinava la composizione, la sede e il comando presso cui stabilirlo, e giudicante i reati previsti dagli artt. 104, 107, 108, 120 e 252 del codice penale Zanardelli del 1889, oltre che naturalmente l'attentato alla vita del capo del governo, secondo «le norme del codice penale per l'esercito sulla procedura penale in tempo di guerra» (art. 7). La legge reintroduceva inoltre la pena di morte nell'ordinamento giuridico italiano.
Sempre a livello centrale fu potenziata la Divisione affari generali e riservati della Direzione generale di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno; la Divisione venne ripartita in tre sezioni: la prima per il movimento sovversivo, con funzioni più rilevanti in materia politica (movimento sovversivo, stampa e associazioni sovversive, movimento allogeno), e da cui dipendevano il casellario politico centrale (che da schedario dei sovversivi, istituito nel 1896, si trasformò, intorno al 1927, in un vero ufficio), l'ufficio confino politico e l'Ovra; la seconda che si occupava dell'ordine pubblico; la terza dedicata al controllo degli stranieri.
Al casellario politico centrale spettava la classificazione dei sovversivi e la vigilanza di essi con forme e mezzi diversi a seconda del grado di pericolosità. Era tenuto costantemente aggiornato dalle comunicazioni inviate delle questure dislocate nelle province, nell'ambito delle quali si costituirono dei casellari politici permanenti che contenevano i fascicoli nominativi degli individui tenuti sotto sorveglianza nel territorio di competenza.
É utile a tale riguardo fornire alcuni brevi approfondimenti di natura critica necessari alla comprensione dell'operato dell'autorità di pubblica sicurezza durante il regime fascista. Bisogna infatti operare una attenta distinzione tra gli "antifascisti", gruppo più ristretto e definito, e i più numerosi "perseguitati politici". Infatti, se non c'è dubbio che molti subirono controlli, arresti e condanne, non sempre chi ne fu colpito possedeva una chiara coscienza antifascista, né tanto meno aveva svolto una coerente azione diretta contro il regime. Bisogna dunque porre dei limiti all'incidenza reale dell'antifascismo nel Paese: spesso di trattava infatti di sovversivi "inventati", scovati nella fitta schiera delle persone non inserite socialmente (talora in conseguenza di piccoli reati comuni) o espatriate con regolare passaporto per motivi di lavoro, amareggiate da una vita grama o senza speranze, ma isolate tra loro e incapaci di tradurre un generico malcontento in coscienza politica. E che il regime avvertisse la non immediata pericolosità di buona parte delle persone contro le quali esercitava repressione è confermato dai frequenti atti di clemenza. Molti delinquenti comuni, infine, data la migliore condizione dei confinati politici, assumevano atteggiamenti sovversivi e politici quando potesse derivarne un vantaggio (n.d.r. Cfr. a tale riguardo P. CARUCCI, L'organizzazione dei servizi di polizia dopo l'approvazione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1926, in «Rassegna degli archivi di Stato», 36 (1976), pp. 82-114.).
4. Secondo dopoguerra
A livello centrale la riorganizzazione del casellario politico nel dopoguerra ebbe origine dalla circolare del 23 agosto 1945, n. 1-340, che prevedeva la sorveglianza di ex fascisti, anarchici, di possibili attentatori squilibrati di mente, dei condannati per vilipendio contro le istituzioni dello Stato, di separatisti e indipendentisti. Il controllo era articolato su quattro diversi livelli di sorveglianza: "continua", "attenta", "normale", "discreta"; i sorvegliati erano in gran parte estremisti di sinistra, pochi anarchici ed estremisti di destra.
Il casellario politico centrale venne soppresso soltanto nel 1987, anche se già nel 1968 alcuni ne avevano pesantemente messo in dubbio la costituzionalità; nel 1969 la Divisione affari generali e riservati era già stata sostituita dal Servizio informazioni generali e di sicurezza interna, che nel 1974 si trasformò in Ispettorato generale per l'azione contro il terrorismo.
In generale le carte più recenti conservate nei fascicoli sia del casellario politico centrale che delle questure si riferiscono alle richieste di benefici avanzate dagli ex perseguitati politici del regime fascista a seguito della legge 1° marzo 1955, n. 96, oppure alle richieste di nulla osta per il rilascio del passaporto ai soggetti che presentavano il proprio nominativo nella categoria A8.

Criteri di ordinamento:

La serie è strutturata in tre sottoserie:
- "Radiati", che raccoglie i fascc. nominativi dei sovversivi che, per comprovato "ravvedimento", sono stati a un certo punto della loro vita dispensati dalla vigilanza da parte delle autorità di pubblica sicurezza;
- "Defunti", che parimenti raccoglie i fascc. dei sovversivi seguiti nelle loro attività fino alla morte;
- "Defunti di recente", creata per gestire i fascc. dei sovversivi la cui attività si è quasi interamente concentrata nei decenni del secondo Dopoguerra.
All'interno di ogni sottoserie i fascc. relativi ai sovversivi sono disposti in ordine alfabetico e numerati progressivamente da 1 a n.
Per la descrizione dell'unità archivistica si è stabilito di procedere in questo senso:
AREA DELL'IDENTIFICAZIONE
Segnatura e codice identificativo
Si è attribuito al fascicolo un numero progressivo all'interno della serie nell'elemento "numero di ordinamento definitivo" con l'indicazione del numero della busta nell'elemento "posizione fisica".
Nella scelta del criterio per l'attribuzione del numero di corda a buste e fascicoli si è tenuto conto di due aspetti: da un lato, la preesistenza di un numero di corda progressivo per le buste che ripartiva da 1 per ciascuna sottoserie, e dall'altro l'assenza di numerazione per i fascicoli. Si è così optato per una soluzione "ibrida": una numerazione "a serie chiuse" per i fascicoli, con un numero di corda progressivo, anche se appartenenti a sottoserie diverse, essendo la serie non suscettibile di ulteriori incrementi (all'interno di ciascuna sottoserie, e più in generale, la stabilità della posizione è inoltre garantita dall'ordine alfabetico dei fascicoli); una numerazione "a serie chiuse" per le buste, mantenendo il numero di corda già presente, che dunque riparte da 1 per ciascuna delle sottoserie.
Denominazione o titolo
Si è riportato nell'elemento "titolo" il cognome ed il nome del sovversivo nella forma riportata, in prima istanza, dalle fedi di nascita, e, a seguire, dai documenti di riconoscimento, dalle schede biografiche, dai fogli matricolari, o nella forma maggiormente ricorrente sui documenti.
Nel campo "integrazione al titolo" si è segnalata la presenza di un titolo originale non corrispondente alla reale denominazione desunta dalle carte del fascicolo attraverso la seguente formula: "Sulla coperta il nominativo è erroneamente indicato come C. N.".
Data
Si sono riportati gli estremi cronologici del fascicolo espressi nel formato gg/mm/aaaa. Nell'elemento "integrazione alla data" si sono segnalati: 1) la presenza di documenti in copia con data antecedente o posteriore a quella dei documenti in originale; 2) la presenza di consistenti "lacune" a cavallo soprattutto di periodi significativi, quali possono essere ad es. il passaggio dal regno alla RSI o il passaggio dal regime fascista alla repubblica democratica.
Consistenza e supporto dell'unità di descrizione
Si è riportato nell'elemento "consistenza" il numero dei documenti (comprendendo in questa espressione sia il carteggio, in originale ed in copia - anche fotografica -, che tutto il materiale a stampa: pubblicazioni, ritagli, passaporti, carte d'identità, schede di segnalamento e identificazione, tessere di partito e di sindacato, manifesti, volantini, cartoline illustrate, foto commemorative, etc.) ed il numero delle fotografie (comprendendo in questa definizione le foto segnaletiche, le fototessera, le foto personali, le foto familiari, le foto di gruppo, sia del sovversivo intestatario del fascicolo che di altri soggetti eventualmente coinvolti). Nel numero dei documenti non è stato compreso il numero delle fotografie, che devono, dunque, intendersi escluse dal conteggio.
Si è riportata, inoltre, la tipologia dell'unità archivistica (fascicolo) e la specificazione del suo supporto (cartaceo).
AREA DELLE INFORMAZIONI RELATIVE AL CONTENUTO E ALLA STRUTTURA
Ambiti e contenuto
Nell'elemento "contenuto" si sono riportate due grandi categorie di informazioni:
1) la nota biografica del sovversivo, introdotta dalla formula "Contiene i seguenti dati biografici" e costituita da:
a) pseudonimo, preceduto dalla formula "Detto".
b) variante/i alla denominazione, preceduta/e dalla formula "Anche", quando essa/e ricorra/ricorrano all'interno del fascicolo parallelamente alla forma accertata e, dunque, utile/i per l'identificazione del sovversivo durante la ricerca.
c) paternità (nome del padre) e maternità (cognome e nome della madre), secondo la formula "Di N. e di C. N." (quando non sono stati rinvenuti il nome dell'uno o dell'altro genitore si è usata la dizione "Di ignoto e di C. N.", "Di N. e di ignota", "Di ignoti").
d) luogo e data di nascita:
d.1) per il luogo, se in Italia, si sono riportati il comune, secondo la sua denominazione attuale, e la provincia, in sigla tra parentesi tonde, ad es. "Nato a Sasso Marconi - e non Sasso Morelli - (Bo)"; se all'estero si sono riportati, in prima battuta, lo stato (perché non sempre è possibile risalire fino al comune di nascita), e solo successivamente il comune, secondo la sua denominazione attuale, seguito dall'indicazione della circoscrizione territoriale immediatamente superiore tra parentesi tonde (come il dipartimento in Francia), ad es. "Nato in Francia, a Boulogne-Billancourt - e non Boulogne-sur-Seine - (Hauts-de-Seine)"; quando ci si è trovati di fronte a comuni collocati all'interno dei confini nazionali al momento della nascita del sovversivo ed oggi appartenenti ad altri stati ci si è comportati come nel caso di nascita all'estero con la segnalazione ulteriore della provincia italiana di appartenenza, ad es. "Nato in Croazia, a Capodistria (già provincia di Pola)";
d.2) la data si è segnalata nel formato esteso, ad es. "11 mag. 1895".
e) luogo di residenza (intendendosi con residenza il luogo di permanenza prolungata in un territorio per motivi familiari o di lavoro, e non il mero transito o missione); se residente in Italia, e particolarmente nella provincia di Bologna, si sono segnalati, nell'ordine, il comune, secondo la sua denominazione attuale, la provincia, in sigla tra parentesi tonde, la frazione, la località, l'indirizzo ed il numero civico; se residente in Italia, ma fuori dalla provincia di Bologna, si sono segnalati, nell'ordine, il comune, secondo la sua denominazione attuale, la provincia, in sigla tra parentesi tonde, la frazione; tutti gli eventuali cambi della residenza sono stati riportati nell'ordine cronologico desunto dalle carte e segnalati da un punto e virgola seguito dalla formula "poi a": ad es. "Residente a Bologna, via Galliera, 5; poi a Genova, fr. Sampierdarena"; se residente all'estero si sono riportati, in prima battuta, lo stato (perché non sempre è possibile risalire fino al comune di residenza), e solo successivamente il comune, secondo la sua denominazione attuale, seguito dall'indicazione della circoscrizione territoriale immediatamente superiore tra parentesi tonde (come il dipartimento in Francia), la frazione; anche per la residenza all'estero è stata segnalata l'eventuale variazione, nelle stesse formule del caso italiano, ad es. "Residente ad Imola (Bo), via Callegherie, 1; poi in Francia, a Vienne (Isère); poi in Belgio, a Châtelet (Hainaut), fr. Bouffioulx". Assimilata alla residenza è la dizione "Senza fissa dimora", che spesso sostituisce nelle carte l'indicazione del recapito, se trattasi di persona girovaga o ospitata in asili notturni.
f) professione o mestiere, per i quali si è cercato di riportare a forme normalizzate le varianti di una stessa professione: ad es. operaio (in riferimento ai lavoratori dell'industria), bracciante (in riferimento ai lavoratori legati in genere alla terra), fabbro, venditore ambulante, viaggiatore di commercio, ferroviere (e non frenatore delle ferrovie), avvocato, insegnante (e non maestro elementare), medico, sarto, facchino, etc.
g) colore politico, categoria nella quale si sono fatte confluire sia la specifica appartenenza a partiti o movimenti politici (ad es. comunista, socialista, anarchico, popolare, fascista), sia una particolare attività ritenuta pericolosa (ad es. disfattista), sia l'indicazione di orientamenti "filosofici" (ad es. massone), sia la provenienza da zone storicamente irredentiste ritenute ostili (ad es. allogeno) che infine le più generali diciture "antifascista" o "sospetto politico" o l'ancora più generica dizione "sovversivo" qualora il soggetto non sia stato ricondotto ad una particolare frangia dell'opposizione.
h) eventuale naturalizzazione, se residente all'estero.
i) provvedimenti di polizia adottati: ad es. diffidato, munito di carta d'identità, da arrestare in determinate contingenze; ammonito, confinato, domicilio coatto, iscritto nel Bollettino delle Ricerche, iscritto nella Rubrica di Frontiera.
l) condanne della giurisdizione ordinaria, segnalate con la formula "Condannato per reati comuni".
m) condanne della giurisdizione straordinaria/politica, segnalate con la formula "Denunciato o condannato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato".
n) condanne della giurisdizione militare (e di guerra), segnalate con la formula "Condannato dal Tribunale militare (di guerra) di N.".
o) data di morte (se desumibile).
2) breve descrizione del contenuto, introdotta dalla formula "Contiene inoltre" e strutturata a mo' di elenco. È stata in questa sede segnalata (senza indicarne la consistenza numerica) la presenza di:
a) particolare materiale a stampa (pubblicazioni, ritagli di giornali, passaporti, carte d'identità, carte precettive, schede di segnalamento e identificazione, tessere di partito e di sindacato, manifesti, volantini, cartoline illustrate, foto commemorative, etc.).
b) le diverse tipologie di materiale fotografico, distinte nelle sole due categorie delle foto segnaletiche e delle foto personali.
c) autografi del sovversivo.
d) scheda biografica.
AREA DELLE INFORMAZIONI RELATIVE A DOCUMENTAZIONE COLLEGATA
Unità di descrizione collegate
All'interno di questo elemento è stata segnalata l'esistenza di documentazione riferibile al sovversivo e raccolta dal Ministero degli interni, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisone affari generali e riservati, Sez. 1°, e oggi conservata presso l'Archivio centrale dello Stato, attraverso la seguente formula: "Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 1234, ad vocem".
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI
Busta, -e = b., bb.
Carta, -e = c., cc.
Documento, -i = doc., docc.
Esempio = es.
Fascicolo, -i = fasc., fascc.
Oppure = opp.
Pagina, -e = p., pp.
Senza data = s.d.
Senza luogo = s.l.
Sottofascicolo, -i = s.fasc., s.fascc.
Gennaio = gen.
Febbraio = feb.
Marzo = mar.
Aprile = apr.
Maggio = mag.
Giugno = giu.
Luglio = lug.
Agosto = ago.
Settembre = set.
Ottobre = ott.
Novembre = nov.
Dicembre = dic.
Frazione = fr.
Largo = l.go
Località = loc.
Piazza = p.za
Santo, San, Santa, Sant' = S.
Viale = v.le
I fascc. sono raccolti in bb. provviste di camicia cartacea ed etichetta sulla quale sono stati riportati nell'ordine:
- il fondo;
- la serie;
- la sottoserie;
- il numero progressivo della b. all'interno della sottoserie;
- il primo e l'ultimo nominativo cui sono intestati i fascc. conservati all'interno della b.;
- il n. dei fascc. conservati all'interno della b.

Strumenti di ricerca:

Inventario datt. a uso della sala di studio dell'Archivio di Stato di Bologna (codice IV/305 bis).

Note:

Documentazione collegata:
Presso il Casellario politico centrale, conservato all'Archivio centrale dello Stato, piazzale degli Archivi, 27 - 00144 Roma, è rinvenibile documentazione correlata.

Redazione e revisione:

  • Redatta in xDams , 10/09/2013

Bibliografia:

  • S. ALONGI, Fascicolo in A8. Le carte di Pubblica sicurezza nell'Archivio di Stato di Bologna, «Percorsi Storici», 2011. http://www.percorsistorici.it/component/content/article/10-numeri-rivista/numero-0/22-salvatore-alongi-fascicolo-in-a8-le-carte-di-pubblica-sicurezza-nellarchivio-di-stato-di-bologna (consultato il 15 febbraio 2012)
  • S. ALONGI, L'origine non fa la differenza. I sovversivi sassesi nel casellario politico della Questura di Bologna, «Al sas. Storia natura cultura», 2010. , pp. 103-113.
  • S. ALONGI - M. MAGGIORANI, Sovversivi! Nuove fonti per la storia dell'antifascismo, «Quaderni del Savena», 2010. , pp. 31-62.
  • C. LOCCHI, Il socialismo come sovversivismo nella Bologna di epoca liberale. Un'analisi dei fascicoli dello schedario politico della Questura, «Percorsi storici», 2011. http://www.percorsistorici.it/component/content/article/10-numeri-rivista/numero-0/26-claudia-locchi-il-socialismo-come-sovversivismo-nella-bologna-di-epoca-liberale-unanalisi-dei-fascicoli-dello-schedario-politico-della-questura (consultato il 15 febbraio 2012)
  • M. TORELLO, Tra antimilitarismo e antifascismo: i sovversivi bolognesi visti attraverso i fascicoli della Questura tra il 1918 e il 1922, «Percorsi storici», 2011. http://www.percorsistorici.it/component/content/article/10-numeri-rivista/numero-0/28-marco-torello-tra-antimilitarismo-e-antifascismo (consultato il 15 febbraio 2012)