Città degli archivi

Ospedale psichiatrico provinciale Francesco Roncati in Bologna

Sede:

Bologna, 1869 - 1980

Date di esistenza:

  • 1 gennaio 1869 - 31 dicembre 1980

Intestazioni:

  • Ospedale psichiatrico provinciale Francesco Roncati in Bologna, Bologna, (1926 - 1980)
  • Ospedale provinciale Francesco Roncati in Bologna per infermi di mente, Bologna, (1916 - 1925)
  • Manicomio provinciale Francesco Roncati in Bologna, Bologna, (1906 - 1916)
  • Manicomio provinciale, Bologna, (1869 - 1906)

Altre denominazioni:

  • Ospedale provinciale Francesco Roncati in Bologna per infermi di mente, 1916 - 1925
  • Manicomio provinciale Francesco Roncati in Bologna, 1906 - 1916
  • Manicomio provinciale, 1869 - 1906

Descrizione:

Cenni storici sull'istituto

Agli inizi del XVIII secolo presso l'Ospedale S. Orsola era stato costruito un apposito reparto per concentrarvi i malati mentali in precedenza ricoverati assieme ai pazienti interessati da altre patologie.

Fino al 1867 gli alienati di Bologna e provincia vennero così ricoverati in tale reparto, che però da tempo risultava sovraffollato e inadeguato. Già nel 1860 il governatore delle provincie dell'Emilia, Luigi Carlo Farini, nello statuto allegato al decreto riguardante la riforma degli ospedali bolognesi (n.d.r. Statuto per la riforma degli ospedali in Bologna in relazione al decreto di sua eccellenza il governatore delle regie provincie dell'Emilia, 1860 mar. 10, artt. 3 e 6.), aveva stabilito che da quell'ospedale fosse tolto il manicomio e che per la cura dei pazzi si provvedesse tramite un manicomio generale per le provincie dell'Emilia o con uno speciale per la provincia di Bologna.

Con il decreto Farini del 10 marzo 1860 - col quale si istituiva il Corpo amministrativo centrale degli spedali, quale unico centro di gestione e di sorveglianza per gli ospedali della città - si presentò così l'opportunità concreta di modificare la situazione dell'assistenza dei malati mentali, rimasta fino ad allora relegata all'interno di una gestione sanitaria generale, e la Provincia di Bologna cominciò a esserne direttamente coinvolta.

Sollecitata dal Corpo amministrativo centrale degli spedali, l'Amministrazione provinciale iniziò infatti a studiare il da farsi. Escluse le ipotesi di realizzare un unico manicomio per più provincie o di ampliare quello già esistente di Imola, in quanto entrambe le soluzioni avrebbero comportato il concentramento di troppi pazienti (n.d.r. ARCHIVIO STORICO PROVINCIALE DI BOLOGNA [d'ora in poi ASPBO], Verbali del Consiglio provinciale, 1862, seduta del 28 marzo.), il Consiglio provinciale optò per la costruzione ex novo di un manicomio in Bologna e ne affidò il progetto all'architetto Ignazio Gardella (n.d.r. ASPBO, Carteggio e atti classificati, 1863, tit. 7, busta 266.). La spesa ingente che comportava la costruzione di un grande manicomio e la difficoltà della scelta del luogo, fecero però indugiare l'Amministrazione provinciale nel compiere tale passo (n.d.r. ASPBO, Verbali del Consiglio provinciale, 1863, seduta del 28 aprile e Ibidem, 1864, sedute del 14, 17 e 21 ottobre.).

Con la soppressione delle corporazioni religiose del 1866, la Provincia pensò allora di avvalersi di uno degli antichi conventi per adattarlo a uso di manicomio (n.d.r. ASPBO, Verbali del Consiglio provinciale, 1867, seduta del 12 marzo.). La decisione venne affrettata dall'epidemia di colera, scoppiata nel frattempo, che rese urgente il trasferimento dei malati mentali dal padiglione sovraffollato del S. Orsola. Approfittando della situazione critica, il direttore del reparto, Francesco Roncati, ottenne il permesso dal Governo di poter occupare provvisoriamente il soppresso monastero delle Salesiane in via S. Isaia, dove i malati vennero trasferiti nel settembre del 1867.

La vastità dell'edificio, la sua posizione salubre e lontana dal centro cittadino, indussero l'Amministrazione provinciale a chiedere al demanio la cessione del convento, che, con opportuni lavori di adattamento e l'aggiunta di nuove costruzioni, avrebbe potuto soddisfare le esigenze di un manicomio. Con note del 19 gennaio e del 26 marzo 1868 la Regia prefettura comunicò alla Deputazione provinciale che il convento veniva definitivamente concesso alla Provincia dall'Amministrazione del fondo per il culto (n.d.r. ASPBO, Carteggio e atti classificati, 1868, tit. 16, busta 390, prot. nn. 236 e 1032.).

Con deliberazione del 19 settembre 1868 il Corpo amministrativo centrale degli spedali consegnò alla Provincia l'"azienda del manicomio", trasferendone ad essa la gestione (n.d.r. Memoria in ordine al manicomio di Bologna desunta dagli atti esistenti nell'archivio dell'amministrazione degli spedali di Bologna. Di Salesio Manservigi, archivista dell'amministrazione centrale degli spedali. Bologna, 8 ottobre 1890, a cura di D. DI DIODORI e G. FERRARI, Bologna, Clueb, 1983.).

Nel verbale della Deputazione provinciale del 18 dicembre 1868 (n.d.r. ASPBO, Verbali della Deputazione provinciale, 1868, seduta del 18 dicembre, oggetto n. 2.) si legge che "dovendosi assumere col principiare del venturo anno l'amministrazione del manicomio [...] fa d'uopo che si provveda [...] per ciò che riguarda le persone [...] i viveri [...] e le altre cose occorrenti al servizio di quell'ospizio." Si stabilirono così alcuni provvedimenti da adottarsi in via provvisoria, quali, a esempio, l'incarico assegnato all'economo della Provincia, Federico Gherardini, di occuparsi del servizio di economato anche presso il manicomio e di tutto quanto afferiva all'amministrazione di questo ospedale.

Dall'1 gennaio 1869 la Deputazione provinciale iniziò a gestire effettivamente l'istituto psichiatrico, che venne separato dal Corpo amministrativo centrale degli spedali e denominato appunto, da quel momento, Manicomio provinciale.

In quell'anno iniziarono anche i lavori di adattamento e ristrutturazione dell'edificio sotto la guida dello stesso Roncati (n.d.r. F. RONCATI, Ragioni e modi di costruzione ed ordinamento del manicomio provinciale di Bologna, Bologna, Regia Tipografia, 1891. Sui lavori di ristrutturazione del convento delle Salesiane si veda anche: ASPBO, Carteggio e atti classificati, 1868, tit. 7, rub. 4, busta 375; Ibidem, 1870, tit. 7, rub. 4, busta 422; Ibidem, 1871, tit. 7, rub. 4, busta 466.), lavori che resero il convento funzionale al manicomio.

Col passare degli anni però l'istituto risultò insufficiente a contenere il numero sempre crescente di ricoverati e inadatto a rispondere ai nuovi dettami della psichiatria. Nel 1885 si pensò di porre rimedio al sovraffollamento, acquistando alcune case lungo le mura interne della città confinanti col manicomio. Ma ben presto anche ciò si rivelò insufficiente e si dovette inviare moltissimi degenti presso il manicomio della Congregazione di carità di Imola, dove vennero mantenuti fino al 1900 in base a una speciale convenzione. Tale manicomio fu poi acquistato dalla Provincia, resasi conto che col solo manicomio di Bologna non avrebbe potuto più adempiere al compito affidatole della cura degli alienati. Da anni si era evidenziata inoltre la necessità, non solo di ampliare, ma di modificare il manicomio bolognese per renderlo corrispondente alle norme vigenti di carattere scientifico e legislativo. La Deputazione provinciale nel 1907 cominciò a interrogarsi se fosse preferibile la costruzione ex novo di un manicomio in altro luogo, o l'adattamento e la trasformazione di quello in via S. Isaia. Si optò per la seconda ipotesi, sia a causa dell'ingente spesa a cui si sarebbe dovuti andare incontro costruendo un nuovo fabbricato, sia perché il prof. Roncati, nel frattempo, aveva istituito erede del suo cospicuo patrimonio la Provincia di Bologna: abbandonare l'istituto per costruirne uno altrove poteva inficiare la disposizione testamentaria in favore della Provincia e contrastava col volere del testatore.

Si decise pertanto di ristrutturare il complesso di via S. Isaia, che, grazie a modifiche e ampliamenti apportati nel corso degli anni successivi, è rimasto la sede dell'ospedale psichiatrico bolognese fino all'epoca attuale.

La prima fase di vita del manicomio provinciale fu segnata dalla direzione di Francesco Roncati (n.d.r. Già direttore, dal 1864, del manicomio in S. Orsola.), che lo diresse fino al 1905. A questo direttore, anima e artefice dei rinnovamenti avvenuti all'interno dell'istituto, il Consiglio provinciale decise di intitolare il manicomio nella seduta del 13 ottobre 1906. Sul finire del 1916 l'istituto modificò la propria denominazione, mutando il termine "manicomio" in "ospedale" e trasformandola così in Ospedale provinciale Francesco Roncati in Bologna per infermi di mente; in seguito, nel 1926, la denominazione divenne Ospedale psichiatrico provinciale Francesco Roncati in Bologna e tale rimase fino alla chiusura dell'istituto.

Dopo il Roncati si succedettero alla guida dell'ospedale i direttori Giuseppe Peli (dal 1906), Raffaele Brugia (dal 1908), Luigi Baroncini (facente funzioni, 1921), Giulio Cesare Ferrari (dal 1921), Giuseppe Pellacani (dal 1933), Andrea Mari (dal 1951), Gian Filippo Oggioni (dal 1967), Spartaco Colombati (dal 1970), Guido Mengoli (dal 1972), Ferruccio Giacanelli (dal 1978).

Nel 1957 presso l'ospedale psichiatrico venne istituito il "reparto aperto" e ne venne approvato il relativo regolamento (n.d.r. ASPBO, Verbali del Consiglio provinciale, 1957, seduta del 9 dicembre, oggetto 37.). In tale reparto, distinto in due sezioni (una maschile e una femminile), erano ricoverati per gli accertamenti diagnostici e le opportune terapie quei malati neuropsichici che non potevano essere curati convenientemente in ambiente extraospedaliero e per i quali non sussistevano gli estremi per il ricovero a carattere coattivo in ospedale psichiatrico. Tale reparto, che aveva la funzione di struttura di ricovero per pazienti volontari a carattere di brevedegenza, assunse la denominazione di Centro diagnostico neuropsichiatrico provinciale (Cdn) ed ebbe la sua sede in due palazzine, una in viale Pepoli e l'altra presso villa Olimpia, in via Angelo Custode. Il Cdn disponeva anche di un ambulatorio di igiene mentale aperto al pubblico. La direzione del "reparto aperto" spettava al direttore dell'ospedale psichiatrico; allo stesso modo il servizio medico e quello del personale di assistenza erano assicurati dai medici assistenti e dal personale del Roncati. L'ufficio economato dell'ospedale psichiatrico serviva anche il Cdn, così come i servizi generali del Roncati (cucina, lavanderia, guardaroba, ecc.) fornivano quanto necessario all'attività di tale reparto. Col tempo il Cdn assunse autonomia organizzativa e venne dotato di organico proprio.

Se la legge 18 marzo 1968, n. 431, pur non abolendo quella del 1904 a cui si sovrapponeva (n.d.r. Legge 14 febbraio 1904, n. 36, "Disposizioni sui manicomi e sugli alienati".), aveva portato importanti innovazioni nel modo di considerare il malato di mente, l'entrata in vigore della legge 13 maggio 1978 n. 180 modificò completamente l'assistenza psichiatrica, decretando la progressiva chiusura dei manicomi. Le norme in essa contenute vennero integralmente ricomprese nella legge 23 dicembre 1978 n. 833, che, nell'ambito dell'organizzazione del sistema sanitario nazionale, trasferì alle Unità sanitarie locali i servizi in materia di assistenza psichiatrica, prevedendo la creazione all'interno di esse di un servizio psichiatrico dipartimentale.

Le disposizioni della legge 180/1978 vennero applicate in Emilia Romagna attraverso l'attuazione della legge regionale 31 luglio 1978, n. 25, concernente la "Riorganizzazione dell'assistenza psichiatrica"; in ottemperanza a ciò la Provincia di Bologna predispose i piani psichiatrici comprensoriali all'interno dei quali vennero dettagliatamente previsti modi e tempi per assicurare il graduale superamento dell'istituzione ospedaliera (n.d.r. ASPBO, Verbali del Consiglio provinciale, 1978, seduta del 14 novembre, oggetto n. 60.).

L'Ospedale psichiatrico provinciale Francesco Roncati rimase attivo fino al 31 dicembre 1980, quando cessò ogni funzione di ricovero, ai sensi dell'art. 64 della legge 833/1978, che fissava infatti a tale data il termine ultimo per i ricoveri presso gli ospedali psichiatrici.

Alla stessa data ebbe luogo il passaggio della gestione dell'assistenza psichiatrica dall'Amministrazione provinciale all'Unità sanitaria locale n. 27; all'interno di questa venne istituito il Dipartimento di salute mentale e il relativo Servizio di igiene mentale e assistenza psichiatrica (Simap), che dai primi anni Ottanta ha svolto attività di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi psichici, nonché assistenza psichiatrica domiciliare, ambulatoriale, semiresidenziale e residenziale.

Il processo di deistituzionalizzazione dell'ospedale attraverso la costituzione di servizi e strutture alternativi alla lungodegenza psichiatrica, verso i quali indirizzare i degenti presenti in ospedale al 31 dicembre 1980, continuò fino agli anni Novanta, epoca in cui si attuò lo smantellamento definitivo dell'istituto psichiatrico.

L'ospedale psichiatrico era amministrato dalla Provincia di Bologna: le decisioni riguardanti il manicomio erano infatti prese dagli organi deliberanti provinciali e il bilancio dell'ospedale rientrava in quello della Provincia, dalla quale era assunto e gestito il personale ospedaliero.
All'interno dell'ospedale funzionava l'ufficio di segreteria della direzione sanitaria, che provvedeva all'espletamento delle pratiche di carattere amministrativo-gestionale, riguardanti anche il personale. Per il trattamento degli affari relativi a quest'ultimo entrò in funzione, a partire dal luglio 1964, l'ufficio "Ripartizione personale" della direzione sanitaria.
Al disbrigo delle pratiche di carattere economico-contabile era deputata una sezione dell'ufficio d'economato provinciale, che cominciò a funzionare presso il manicomio dal 1888. In precedenza era l'economo provinciale a provvedere al servizio di economato anche nell'istituto ospedaliero.
Dalla lettura dei regolamenti interni si evince che l'organico dell'ospedale era costituito sostanzialmente da:
- personale sanitario: direttore, medici primari, medici assistenti;
- personale di vigilanza e assistenza: ispettore e ispettrice, infermieri e infermiere di prima classe (capi-padiglione), infermieri, assistenti sociali (a partire dal 1965), portieri;
- personale d'amministrazione interna: economo, magazziniere-dispensiere, aggiunti, applicati;
- personale addetto ai servizi interni: guardarobiera, cuoco, sottocuochi, infermieri lavoratori, macchinista, operai addetti a mansioni diverse.
Organizzazione interna e funzionamento
Il manicomio provinciale di Bologna si manteneva grazie alla rendita di legati pii, al concorso della Provincia e alla riscossione delle rette di degenza.
Per la sua gestione ogni anno l'Amministrazione provinciale compilava il bilancio preventivo sulla base degli elementi forniti dalla direzione dell'ospedale. Tale bilancio faceva parte di quello della Provincia. Nel momento in cui questa assunse effettivamente la gestione del manicomio bolognese (1 gennaio 1869) incaricò provvisoriamente l'economo provinciale di provvedere al servizio di economato anche nell'ospedale e di tutto quanto si riferiva alla parte amministrativa di quest'ultimo. Tale situazione si protrasse però più a lungo del previsto, ossia almeno fino al 1888, quando, per disciplinare la vita interna dell'istituto e dare disposizioni di carattere generale, il Consiglio provinciale, nella seduta del 10 aprile 1888, approvò due regolamenti per il manicomio, uno organico e uno interno (n.d.r. ASPBO, Carteggio e atti classificati, 1888, tit. 7, rub. 4, busta 916.). Da allora presso il manicomio funzionò una sezione dell'ufficio d'economato provinciale cui era principalmente affidato il disbrigo delle pratiche relative al servizio economico interno.
Dalla lettura dei regolamenti suddetti e di quelli successivi (n.d.r. In particolare il regolamento organico-disciplinare dei manicomi di Bologna e Imola, deliberato dal Consiglio provinciale nelle sedute 23 giugno 1909 e 28 novembre 1910, e approvato dal Consiglio superiore di sanità nelle sedute 14 aprile 1910 e 22 aprile 1911 (ASPBO, Carteggio e atti classificati, 1912, tit. 7, rub. 4, busta 2209, prot. in. n. 5489).) è possibile desumere informazioni circa il funzionamento e l'organizzazione dell'ospedale.
Alla Deputazione provinciale spettava deliberare sulla competenza passiva degli alienati; determinare annualmente l'entità delle rette di degenza; fissare indennità e mezzi di trasporto per ricondurre in famiglia i pazienti guariti; deliberare in ordine ai contratti per le forniture occorrenti al manicomio e autorizzare provviste in economia; provvedere per l'esecuzione dei progetti di lavori straordinari deliberati dal Consiglio provinciale; disciplinare con apposite norme l'erogazione di qualunque fondo per il servizio del manicomio; approvare i conti delle spese e disporne il pagamento entro il limite dei fondi stanziati; deliberare su ogni spesa e provvedimento di carattere straordinario; nominare il personale d'amministrazione, di vigilanza, di custodia e dei servizi interni.
Il direttore del manicomio dipendeva dalla Deputazione provinciale ed era a capo dell'istituto: in tale veste aveva piena autorità sul servizio sanitario e l'alta sorveglianza su quello economico. Egli visitava quotidianamente il manicomio, controllandone l'andamento, in particolare in riferimento al personale. Alla Deputazione provinciale era tenuto a comunicare il movimento dei degenti (ammissioni, dimissioni e morti) che si verificava ogni decade, i permessi di assenza da lui accordati al personale, le richieste fatte all'economato e le eventuali deficenze nel servizio di guardaroba, nella dispensa, nella cucina e in tutti i servizi interni. Era suo compito far registrare a protocollo la corrispondenza che riceveva e quella che inviava alle autorità politiche, amministrative, militari e giudiziarie, nonché sorvegliare la regolare tenuta dell'archivio, funzioni che erano disimpegnate dalla segreteria della direzione. Spettava a lui corrispondere con terzi per tutto quanto si riferiva alla custodia, agli interessi e alla cura degli infermi, fornire all'economo ogni anno gli elementi per la compilazione del bilancio preventivo, presentare alla Deputazione provinciale, direttamente o a mezzo dell'ufficio economato, le sue proposte o richieste di lavori e provviste occorrenti al manicomio. Il direttore doveva inoltre rimettere all'ufficio di economato, entro tre giorni dall'avvenuto ingresso dell'alienato nel manicomio, l'avviso di ammissione corredato della copia conforme dell'ordinanza di ricovero provvisorio e dei documenti allegati, riguardanti lo stato civile e la condizione economica dell'infermo e dei suoi congiunti. Doveva poi trasmettere alla Deputazione provinciale copia dei decreti di ricovero definitivo, delle sentenze e delle ordinanze emesse dalle autorità giudiziarie e militari relative a ciascun degente. Il direttore era responsabile dell'ammissione dei malati e della dimissione dei guariti. A lui spettava inoltre proporre alla Deputazione provinciale il trattamento dietetico dei pazienti e comunicare le relative tabelle all'ufficio d'economato.
I medici primari, che dipendevano dal direttore ed erano coadiuvati dai medici assistenti, erano addetti alla cura dei malati nei reparti rispettivi. A loro spettava inoltre controllare la registrazione delle ammissioni, delle dimissioni e delle morti, la formazione del fascicolo personale di ciascun degente, la tenuta regolare del registro dei mezzi coercitivi, nonché la compilazione dell'elenco dei dimessi in via di esperimento.
I medici assistenti coadiuvavano il primario nel reparto al quale erano destinati dal direttore e, all'occorrenza, lo sostituivano.
Per quanto concerne il personale di vigilanza e custodia, l'ispettore e l'ispettrice dipendevano direttamente dai medici delle due sezioni, maschile e femminile, dell'ospedale. Essi avevano la diretta responsabilità della disciplina, dell'ordine e del regolare andamento della propria sezione e perciò immediata superiorità sul personale che da loro dipendeva. Era loro compito visitare i padiglioni o reparti della propria sezione per controllare che il personale subalterno adempisse i propri doveri; assistere alla distribuzione del cibo; presentare ogni mattina al direttore un rapporto scritto di tutto ciò che era occorso di rilevante nelle precedenti ventiquattro ore, tanto sul contegno dei malati, quanto sul servizio.
A ogni padiglione era preposto un infermiere o infermiera di prima classe (capo-padiglione), alle dipendenze dell'ispettore e dell'ispettrice. I capi padiglione avevano in consegna tutti i malati del reparto, dei quali tenevano un apposito registro nominativo. Era loro compito vigilare sul contegno degli infermieri; attendere alla distribuzione del vitto; ricevere i medicinali destinati ai malati del loro reparto e farne, nelle ore prescritte, regolare somministrazione.
Agli infermieri spettava vigilare giorno e notte, espletare tutte le mansioni infermieristiche, curare la conservazione degli apparecchi di controllo, fare regolare consegna all'infermiere del turno successivo di ogni ordine ricevuto, informandolo di quanto poteva essere necessario per la buona custodia e assistenza dei malati.
I portieri dipendevano dalla direzione per quanto riguardava la vigilanza dell'istituto, ed erano subordinati all'economato per ciò che concerneva i servizi da esso dipendenti. In particolare spettava loro custodire la porta principale d'ingresso e quelle secondarie, tenere il registro del movimento giornaliero dell'istituto e cioè dei nuovi entrati e dei dimessi.
Gli assistenti sociali, introdotti nell'ospedale in epoca recente (1965) (n.d.r. ASPBO, Verbali del Consiglio provinciale, 1965, seduta del 25 giugno, n. 223. A questa deliberazione è allegato il Regolamento per il servizio di assistenza sociale presso gli ospedali psichiatrici provinciali "F. Roncati" di Bologna e "L. Lolli" di Imola.), dipendevano direttamente dal direttore dell'istituto psichiatrico. Questo personale aveva la funzione di integrare l'assistenza sanitaria con un servizio diretto alla risoluzione di problemi individuali, familiari e ambientali del malato, in collaborazione con i medici. In particolare agli assistenti sociali spettava l'espletamento delle seguenti mansioni: visitare gli ammalati per individuare e trattare le loro difficoltà a carattere personale, familiare e ambientale; compilare una cartella riguardante la situazione sociale del malato, previa eventuale visita domiciliare; tenere uno scambio sistematico col medico sulle reciproche conoscenze del malato allo scopo di formulare piani di lavoro e di intervento più idonei alla situazione del paziente stesso; instaurare contatti con parenti, privati, enti e uffici in grado di collaborare per la risoluzione dei problemi dell'ammalato al momento dell'ingresso e durante la degenza in ospedale; programmare e organizzare attività di gruppo a carattere ricreativo, culturale ed ergoterapeutico; collaborare con l'economato e la segreteria dell'ospedale nell'espletamento delle pratiche di tutela giuridica, mantenendo contatti col tutore, per assicurare l'adempimento degli obblighi inerenti la tutela; verificare se il malato avesse diritto alla pensione e, in caso positivo, seguire il tutore per il più celere espletamento e completamento delle pratiche di pensione in collaborazione con l'ufficio di economato e di segreteria dell'ospedale; mantenere contatti con i pazienti dimessi attraverso visite domiciliari, seguirli nel loro reinserimento sociale e agevolare i loro rapporti con l'ospedale; compiere l'istruttoria, con visite domiciliari, delle singole richieste di sussidio al fine di fornire alla direzione una valutazione della situazione socio-economica del paziente con proposte per la concessione o il rinnovo del sussidio stesso; prendere contatti con gli enti assistenziali, pubblici e privati, e con i datori di lavoro, per la risoluzione dei problemi dei malati da dimettere o dimessi; svolgere attività di ricerca anche statistica per lo studio di particolari problemi ospedalieri ed extra-ospedalieri per una maggiore e più completa utilizzazione delle risorse.
Il personale d'amministrazione interna era costituito dall'economo del manicomio, definito in certi periodi, sub-economo, dal magazziniere-dispensiere, dagli aggiunti e applicati. Costoro, per quanto riguardava la parte sanitaria e disciplinare, dipendevano dal direttore dell'ospedale e, per quanto concerneva la parte economica, esecutiva e contabile, dipendevano dall'economo provinciale.
L'economo dell'ospedale si occupava di tutti i servizi interni d'economato e più in particolare: ordinava al magazziniere la distribuzione dei generi di vitto, riceveva dai fornitori le provviste per l'istituto, ne controllava la quantità e qualità e le consegnava al magazziniere. Doveva inoltre sorvegliare i consumi e i servizi della cucina, della dispensa, del guardaroba, trasmettere all'economo provinciale tutte le richieste di provviste e lavori che venissero richiesti dalla direzione, vendere rottami, stracci, ossa ecc. quando se ne fosse accumulata una sufficiente quantità, provvedere alle piccole spese che era autorizzato a fare direttamente e curare l'esazione delle rette di degenza. Spettava all'economo anche la custodia dei valori di spettanza dei pazienti, che riceveva in consegna dalla direzione, e quella dell'arredamento dell'istituto. Era inoltre tenuto a presentare all'economo della Provincia la distinta dettagliata dei consumi e delle rimanenze dei commestibili e dei combustibili; i conti documentati delle somministrazioni fatte dai fornitori, delle provviste in economia e delle minute spese economali; i fogli delle eventuali aggiunte e sostituzioni al vitto ordinario; la distinta dei capi di biancheria posti fuori uso; il conto delle riscossioni per rette e per altri titoli, con la prova dei versamenti fatti alla cassa provinciale; l'inventario di tutto il patrimonio mobiliare del manicomio.
Il magazziniere-dispensiere riceveva in consegna dall'economo dell'ospedale, rilasciandone ricevuta, tutte le provviste per il manicomio, che distribuiva ai vari servizi. Responsabile della custodia di tutte le cose depositate nei magazzini, sovrintendeva alla cantina e alla legnaia, sorvegliava direttamente il servizio di cucina, teneva in corrente i registri di carico e scarico, presentava ogni mese all'economo dell'ospedale la distinta dei commestibili e combustibili consumati.
Il personale dei servizi interni, nominato dalla Deputazione provinciale d'accordo col direttore dell'ospedale, era costituito dalla guardarobiera, dal cuoco e dai sottocuochi, dagli infermieri lavoratori (che avevano in consegna i malati lavoranti), dal macchinista e da operai addetti a mansioni diverse.
I regolamenti successivi, tra cui quello organico degli ospedali psichiatrici provinciali del 1968, modificarono solo parzialamente la situazione descritta per quanto concerne il funzionamento interno dell'ospedale e le mansioni attribuite al personale.

Assistenza e cura dei malati mentali.

Legislazione
- decreto 10 marzo 1860 del governatore delle regie provincie dell'Emilia, riguardante la riforma degli ospedali bolognesi;
- "Statuto per la riforma degli ospedali in Bologna in relazione al decreto di sua eccellenza il governatore delle regie provincie dell'Emilia", 10 marzo 1860;
- legge 14 febbraio 1904, n. 36, relativa alle "Disposizioni sui manicomi e sugli alienati";
- legge 18 marzo 1968, n. 431;
- legge 13 maggio 1978, n. 180, relativa alla progressiva chiusura dei manicomi;
- legge regionale 31 luglio 1978, n. 25, concernente la "Riorganizzazione dell'assistenza psichiatrica";
- legge 23 dicembre 1978, n. 833, relativa al trasferimento dei servizi in materia di assistenza psichiatrica alle Unità sanitarie locali .

Tipologia:

  • ente sanitario

Note:

Scheda descrittiva a cura di Aurelia Casagrande redatta nel 2003 su incarico della Soprintendenza archivistica per l'Emilia-Romagna nell'ambito del progetto nazionale "Carte da legare" e riversata in Xdams nel 2012 nell'ambito del progetto "Una città per gli archivi", promosso dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione Cassa di risparmio in Bologna.

Fonti archivistiche:

- ARCHIVIO STORICO PROVINCIALE DI BOLOGNA [d'ora in poi ASPBO], Verbali del Consiglio provinciale;

- ASPBO, Verbali della Deputazione provinciale;

- ASPBO, Carteggio e atti classificati.


Fonti bibliografiche:

- A. ALVISI, L'antico ospedale dei pazzi in Bologna, Bologna, Fava e Garagnani, 1881;

- F. RONCATI, Ragioni e modi di costruzione ed ordinamento del manicomio provinciale di Bologna, Bologna, Regia Tipografia, 1891;

- S. SAPIGNI, Il manicomio di Bologna. Cenni storici, Savignano, Tipografia al Rubicone, 1895;

- Progetto per l'ampliamento e la sistemazione del manicomio Francesco Roncati presentato dalla Deputazione provinciale al Consiglio nella sessione straordinaria 1908, Bologna, Merlani, 1908;

- E. DALL'OSSO, La costituzione in Bologna dell'ospedale psichiatrico "Roncati", «Bullettino delle scienze mediche», 128, 3, 1956, pp. 207-239;

- DIPARTIMENTO SICUREZZA SOCIALE DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA, La nuova organizzazione dei servizi psichiatrici dell'unità sanitaria locale, Bologna, Zanini, 1979, n. 33;

- G. QUERCIOLI, L'ospedale psichiatrico provinciale Francesco Roncati di Bologna: 1867-1979 centododici anni di storia e di vita manicomiale, 1979, (dattiloscritto);

- Memoria in ordine al manicomio di Bologna desunta dagli atti esistenti nell'archivio dell'amministrazione degli spedali di Bologna, di Salesio Manservisi, archivista dell'amministrazione centrale degli spedali - Bologna, 8 ottobre 1890, a cura di D. DI DIODORO, G. FERRARI, Bologna, Clueb, 1983;

- F. GIACANELLI, K. BELLAGAMBA, M. A. NICOLI, La costituzione del manicomio di Bologna: 1860-1870, «Sanità scienza e storia», 1 (1985), pp. 9-62;

- M. BETTI, La follia a Bologna dal 1860 al 1870: rappresentazione giuridica e amministrazione, «Sanità scienza e storia», 1 (1985), pp. 63-84;

- D. DI DIODORO, G. FERRARI, Dall'antico ospedale dei pazzi al manicomio di S. Isaia: cronaca della fondazione dell'ospedale psichiatrico Roncati di Bologna, in Le carte della follia, a cura di D. DI DIODORO, G. FERRARI, F. GIACANELLI, Bologna, Moderna, [1989], pp. 61-72;

- S. IACHINI, Primi dati relativi ad un decennio (1875-1885) della storia del manicomio bolognese, in Le carte della follia, a cura di D. DI DIODORO, G. FERRARI, F. GIACANELLI, Bologna, Moderna, [1989], pp. 31-37;

- Il dire e il fare. Governo regionale ed evoluzione dei servizi psichiatrici in Emilia Romagna, a cura di A. FIORITTI , L. LO RUSSO, s.l., s.e., 1994.

Collegamenti:


Complessi archivistici: Redazione e revisione:
  • Redatta in xDams , 29/03/2012 - 12/01/2016