Città degli archivi

Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Bologna, (1947 - )

Sede:

Bologna, 1860 -

Date di esistenza:

  • 10 febbraio 1860 -

Intestazioni:

  • Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Bologna, (1947 - )
  • Regia deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna, Bologna, (1935 - 1947)
  • Regia deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, Bologna, (1860 - 1935)

Altre denominazioni:

  • Regia deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna, Bologna, (1935 - 1947), 1935 - 1947
  • Regia deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, Bologna, (1860 - 1935), 1860 - 1935

Descrizione:

1860-1935
Agli inizi del XIX secolo, precisamente nel 1833, il re di Sardegna Carlo Alberto (n.d.r. Regio brevetto n. 11, 20 aprile 1833), istituì la prima Regia Deputazione di storia patria, denominandola Deputazione subalpina. Nelle intenzioni del sovrano, avrebbe dovuto sovraintendere non solo agli studi inerenti al territorio sabaudo, ma anche a quelli relativi a tutti i territori che progressivamente sarebbero stati uniti al Regno. Tuttavia alla vigilia dell'annessione dei territori delle province emiliane al Regno di Sardegna, il governatore, Luigi Carlo Farini, su invito del ministro della pubblica istruzione delle dette province, Antonio Montanari (n.d.r. Relazione del Ministro della Pubblica Istruzione A. Montanari sopra l'istituzione delle tre Deputazioni di Storia Patria dell'Emilia, n. prot. 736, 9 febbraio 1860, in Il primo cinquantennio della Regia Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna (1860-1910), Bologna, Stabilimento Poligrafico Emiliano, 1911, pp. 3-7) emanò un decreto dittatoriale col quale istituiva altre tre Regie Deputazioni (n.d.r. Decreto del Governatore delle Regie Provincie dell'Emilia che istituisce le tre Deputazioni, 10 febbraio 1860, in Raccolta officiale delle Leggi e Decreti pubblicati dal Governatore delle Regie Provincie dell'Emilia dal 1 gennaio al 16 marzo 1860, Modena, Regia Tipografia Governativa, 1860, serie n. 53; cfr. Il primo cinquantennio della Regia Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna (1860-1910), Bologna, Stabilimento Poligrafico Emiliano, 1911, pp. 8-12). Questo provvedimento arrestò di fatto l'espansione territoriale della Deputazione sabauda, che nel frattempo aveva incluso nella sua area di pertinenza le province lombarde.
La scelta di Farini e di Montanari di istituire ben tre Deputazioni fu dettata non solo dall'opportunità di valorizzare al meglio l'ampio patrimonio storico-artistico delle 'Regie Provincie', ma anche, se non soprattutto, dalla necessità di dar ragione delle profonde diversità culturali, riflesso delle vicende storico istituzionali che in passato avevano interessato un territorio politicamente disomogeneo in quanto governato da tre stati differenti: le Legazioni pontificie, il Ducato di Modena e il ducato di Parma e Piacenza (n.d.r. G. Fasoli, Premessa del presidente, in La Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna: centoventicinque anni dalla fondazione, Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1989, p. 4). Conseguentemente, le tre Deputazioni dell'Emilia, poste alle dirette dipendenze del Ministro della Pubblica Istruzione, furono così stabilite:
- Regia Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, con sede a Bologna, per i territori delle ex legazioni pontificie: province di Bologna, Ferrara (n.d.r. Ferrara, successivamente, divenne sede di una Deputazione comunale), Forlì, Ravenna;
- Regia Deputazione di storia patria per le provincie modenesi, con sede a Modena, per i territori dell'ex Stato Estense: province di Modena, Reggio Emilia, Massa di Lunigiana (n.d.r. queste ultime due furono poi organizzate, secondo statuto, come sezioni della Deputazione);
- Regia Deputazione di storia patria per le provincie parmensi, con sede a Parma, per i territori dell'ex Stato Parmense: province di Parma e Piacenza (n.d.r. quest'ultima fu poi organizzata, secondo statuto, come sezione della Deputazione, con Pontremoli e Bobbio come sotto-sezioni).
I nuovi sodalizi ebbero quindi per scopo principale la promozione degli studi patri nei territori emiliano romagnoli, primariamente attraverso il recupero, lo studio e la valorizzazione delle fonti documentarie, materiali e di tradizione orale (n.d.r. Decreto del Governatore delle Regie Provincie dell'Emilia che istituisce le tre Deputazioni, 10 febbraio 1860, art. 2: «Sarà ufficio di queste Deputazioni: 1° di procurarsi esatta contezza de' luoghi in cui esistono le raccolte di antichi documenti, quali esser possono archivi di Città, Comuni, amministrazioni demaniali, antichi monasteri ecc.; 2° di disporre questi documenti in convenienti locali, per quanto però le circostanze lo permettano, classificandole con acconcia distribuzione, acciò esse non presentino più oltre l'aspetto di un informe accozzamento di tutte le età, ma bensì una serie di ordinate notizie proprie alle indagini e agli studi; 3° di scegliere tra essi documenti quelli che possono meglio concorrere ad illustrare la storia patria, e che non fossero ancora stati pubblicati nelle raccolte italiane dei passati tempo; e di questi appunto curare ben ordinata pubblicazione mediante la stampa; 4° di operare in modo, nella scelta e pubblicazione di tali documenti, che in essi si abbia non solo quanto riguardi la vita civile e politica dell'Italia, ma ancora i costumi, la vita domestica e privata dei suoi abitanti, e così ad esempio i riti di nascite, matrimoni, funerali, la foggia del costume, le maniere del vitto, la costruzione degli edifizi pubblici, delle case, l'industria, le arti; 5° di raccogliere le tradizioni, le leggende e le superstizioni ancor vive nelle classi meno colte di queste Provincie; 6° di raccogliere ancora ed ordinare a forma di dizionario dei dialetti principali dell'Emilia, i vocaboli usuali delle città, e quelli ancora vieti e disusati del volgo e del contadino: e così pure di notare i nomi vernacoli antichi e moderni dei torrenti, rivi, montagne, poderi ecc.»).
Al momento della loro istituzione, l'organico delle tre Deputazioni si compose di un ristretto numero di membri (n.d.r. 13 deputati per la Deputazione romagnola, 16 deputati per quella modenese e 11 deputati per quella parmense; cfr. art. 3 del Decreto istitutivo), tutti nomi di spicco nell'ambito degli studi locali (n.d.r. Gina Fasoli fa notare che «la cospicua presenza di archeologi e professori universitari fin dalla fondazione» parrebbe una caratteristica precipua delle deputazioni emiliane; cfr. G. Fasoli, Premessa del presidente, in La Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna: centoventicinque anni dalla fondazione, Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1989, p. 4); inoltre a ricoprire la carica di presidente in ciascuna sede vennero chiamati personaggi illustri (n.d.r. per Bologna il conte Giovanni Gozzadini, per Modena il monsignore Celestino Cavedoni, per Parma il commendatore Angelo Pezzana).
La prima adunanza generale fra le Deputazioni emiliane si tenne a Bologna il 21 marzo del 1860, su invito di Montanari, il quale presenziò all'evento. Fu in questa occasione che la Deputazione romagnola venne incaricata di preparare un progetto di statuto comune, infatti, nonostante il dichiarato status paritario delle tre Deputazioni, fin dall'inizio quella bolognese assunse di fatto la posizione di prima inter pares. Quindi, allo scopo di redigere tale progetto, il 21 aprile 1860 venne nominata un'apposita commissione formata dai soci Francesco Rocchi, Ariodante Fabretti e Luigi Frati e, dopo varie rielaborazioni, il primo statuto fu approvato, con regio decreto, il 6 luglio del 1862 (n.d.r. Regio decreto che approva lo statuto delle Deputazioni di storia patria delle Provincie dell'Emilia, n. CCCCLI (parte supplementare), 6 luglio 1862).
Lo statuto delle Deputazioni di storia patria dell'Emilia definì dettagliatamente l'ambito tematico e cronologico degli studi che sarebbero stati di sua competenza (n.d.r. «Le Deputazioni di storia patria dell'Emilia si occupano di tutto ciò che spetta alla storia antica e del medio evo dell'Emilia fino al secolo XVI (salva l'importanza straordinaria di notizie posteriori riconosciuta dal Consiglio Direttivo); indagando dovunque le memorie del passato, illustrando monumenti, zelandone la conservazione, traendo dagli archivi sì pubblici e sì privati quella ricchezza di patrie notizie politiche, civili, militari, religiose, letterarie, artistiche, archeologiche e biografiche, che vi giace tuttavia negletta», in Statuto delle Deputazioni di Storia patria dell'Emilia, 1862, Titolo I, art. 1; vedi anche artt. 2-3), nonché le modalità di pubblicazione delle collane (n.d.r. l'attività editoriale della Deputazione si articola in tre diverse collane: gli Atti e Memorie, dove, con scadenza annuale, vengono pubblicati gli estratti dei verbali delle sedute della Deputazione e le letture che i soci fanno dei propri studi (inerenti a vari argomenti) durante le tornate accademiche; i Documenti e Studi, su un tema specifico scelto di volta in volta dai deputati; Monumenta, per l'edizione di fonti. Cfr. Statuto delle Deputazioni di Storia patria dell'Emilia, 1862, Titolo VII). Lo statuto inoltre stabiliva sia il numero massimo dei membri previsto per ogni livello associativo (n.d.r. i deputati furono ripartiti in membri attivi, soci corrispondenti e membri emeriti), sia le modalità di ammissione e le prerogative specifiche dei deputati a seconda del grado di coinvolgimento nella vita associativa (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria dell'Emilia, 1862, Titoli II-IV). Nello stesso furono stabilite le cariche e gli organi di governo dell'ente (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria dell'Emilia, 1862, Titolo V), oltre che le norme che ne regolavano le attività (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria dell'Emilia, 1862, Titolo VIII, artt. 42-53). Infine, lo statuto del 1862 si occupò di regolamentare i rapporti e le modalità di interazione fra le Deputazioni (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria dell'Emilia, 1862, Titolo I, art. 4 e Titolo VIII, artt. 54-65), le quali, per quanto fossero autonome sia sotto il profilo scientifico che in quello economico, furono chiamate a correlarsi attraverso periodiche adunanze generali nonché a relazionare sul vicendevole operato, organizzando annualmente un solenne congresso; inoltre erano tenute a pubblicare gli atti unitamente.
In realtà dopo pochi anni, progressivamente e tacitamente, ognuna d'essa iniziò a svolgere la propria attività scientifica separatamente ed autonomamente; il primo riflesso di questa condotta si ebbe con la pubblicazione degli atti in collane separate, curate da ogni singola Deputazione. Anche le assemblee comuni si diradarono sempre più, fino a quando, a seguito della nascita dell'Istituto storico Italiano (n.d.r. Regio decreto n. 1775 (serie 3ª), 25 novembre 1883), furono definitivamente sostituite dai congressi annuali dell'istituto stesso, che divennero occasione di incontro e confronto per tutti gli istituti nazionali che si occupavano di studi storici (n.d.r. G. Fasoli, Premessa del presidente, in La Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna: centoventicinque anni dalla fondazione, Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1989, p. 5).
Il primo trentennio di attività della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna coincise con gli anni della promozione degli studi nazionali, fortemente sostenuti dal nuovo Stato unitario al fine di creare una rinnovata coscienza patriottica. La Deputazione divenne così una risorsa assai preziosa per il Governo, tant'è che non esitò a delegare ai suoi membri le ispezioni e le ricognizioni necessarie sia per la formazione di un Archivio Nazionale (n.d.r. poi Archivio di Stato) nella città di Bologna, a modello di quello fiorentino, sia per l'istituzione di un Museo Civico (n.d.r. G. Carducci, Relazione del segretario Giosue Carducci, dall'anno 1860 al 10 marzo 1872, in Il primo cinquantennio della Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna (1860-1910), Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1910, pp. 51-58). Negli anni che precedettero la nascita dell'Archivio di Stato, il sodalizio si prodigò nella pubblicazione di importanti fonti documentarie, mentre successivamente al 1874 la Deputazione si impegnò a sostenere l'opera di implementazione del patrimonio archivistico dell'ente, partecipando inoltre attivamente alla ricerca di locali che potessero accogliere adeguatamente una tale mole di documenti (n.d.r. C. Malagola, Relazione del segretario Carlo Malagola, dall'anno 1875 al 10 marzo 1893, in Il primo cinquantennio della Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna (1860-1910), Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1910, pp. 81, 88-91; G. Plessi, La Deputazione e gli archivi, in La Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna: centoventicinque anni dalla fondazione, Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1989, pp. 62-64. Per la ricerca di locali idonei per ospitare l'Archivio di Stato cfr. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1872-1873, Disposizioni di massima, b. 14, fasc. 14).
La Deputazione ebbe un ruolo fondamentale anche per l'esecuzione di importanti scavi archeologici (n.d.r. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1861-1862, Disposizioni di massima, b. 3, fasc. 3, copia a stampa del bando del Municipio di Bologna circa le competenze della Deputazione in materia di ritrovamenti archeologici), come furono quelli presso Marzabotto, finanziati dal presidente Gozzadini, o quelli presso la Certosa di Bologna durante i quali emersero numerosi reperti etruschi; rilevanti furono anche gli scavi effettuati presso Imola, che permisero di riportare alla luce le vestigia di un teatro romano sito sulla via Emilia, o ancora l'opera di verifica e studio a seguito del ritrovamento delle ossa di Dante a Ravenna (n.d.r. G. Carducci, Relazione del segretario Giosue Carducci, dall'anno 1860 al 10 marzo 1872, in Il primo cinquantennio della Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna (1860-1910), Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1910, pp. 58-60). Successivamente la Deputazione sovraintese all'opera di recupero e valorizzazione del vasto patrimonio artistico della città di Bologna risalente al Medioevo (n.d.r. Fra i promotori dell'opera di tutela e ripristino del volto medievale di Bologna il maggiore fu certamente Alfonso Rubbiani, che dall'anno accademico 1886-1887 fu socio della Deputazione; crf. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1886-1887, Personale, b. 28, fasc. 28), impedendo spesso distruzioni irreversibili e intervenendo in dibattiti che animarono forti polemiche come quelle relative all'abbattimento della cinta muraria (n.d.r. C. Malagola, Relazione del segretario Carlo Malagola, dall'anno 1875 al 10 marzo 1893, in Il primo cinquantennio della Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna (1860-1910), Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1910, pp. 82-85; cfr. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1899-1900 e 1901-1902, Miscellanea, bb. 41, 43, fascc. 41, 43).
Nei primi anni del Novecento, con il sorgere di nuovi uffici preposti dal Governo alla tutela dei monumenti e all'archeologia (n.d.r. Legge n.386, 27 giugno 1907, sul consiglio superiore, uffici e personale delle antichità e belle arti, art. 1 «La tutela degli interessi archeologici e artistici è esercitata, sotto la direzione del Ministero dell'istruzione, per mezzo dei seguenti uffici: 1° soprintendenze ai monumenti; 2° soprintendenze agli scavi e ai musei archeologici; 3° soprintendenze alle gallerie, ai musei medioevali e moderni e agli oggetti d'arte». L'Ufficio bolognese, oltre che sul capoluogo regionale, esercitava la giurisdizione sul territorio di Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza), la Deputazione venne progressivamente sollevata dai compiti istituzionalmente assegnatile fino ad allora, continuando tuttavia ad «operare in concerto con essi, partecipando costruttivamente all'azione» dei nuovi uffici (n.d.r. G. Plessi, La Deputazione e gli archivi, in La Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna: centoventicinque anni dalla fondazione, Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1989, pp. 62; cfr. A. Sorbelli, Relazione del segretario Albano Sorbelli, dall'anno 1894 al 10 marzo 1910, in Il primo cinquantennio della Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna (1860-1910), Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1910, p. 62. Inoltre, dal 1899, su iniziativa di Alfonso Rubbiani, era stato costituito il "Comitato per Bologna Storica e Artistica", con la principale finalità di promuovere interventi di conservazione e ripristino per gli antichi edifici).
Fino agli anni '20 del Novecento, l'attività scientifica della Deputazione romagnola proseguì senza particolari variazioni, ampliando ulteriormente la propria rete di relazioni, vantando fra gli abbonati alle proprie pubblicazioni anche prestigiosi istituti esteri. Ma con l'ascesa del movimento fascista, a causa di una progressiva azione di controllo attuata dal regime su tutte le attività culturali del Paese, anche la vita del sodalizio iniziò a perdere la sua storica autonomia. Nel 1925 venne infatti fondato l'Istituto di cultura fascista, ed alle Deputazioni e agli Istituti storici fu richiesto, in un primo tempo solo informalmente, di coordinarsi con esso, nell'intento di indirizzare le ricerche storiche verso gli ambiti approvati dal partito (n.d.r. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1935-1936, Protocollo, b. 75, fasc. 77, lettera della Federazione dei fasci di combattenti di Bologna al presidente della Deputazione, 15 ott. 1936).
Successivamente, nel 1933, venne invece ordinato con regio decreto che i membri delle Deputazioni e delle Società di studi patri (n.d.r. il regio decreto interessò tutti gli istituti nazionali di studi e ricerca, quali accademie, università, deputazioni e società di studi storici) prestassero giuramento accademico al re e al regime (n.d.r. secondo il Regio decreto legge del 21 settembre 1933 la formula era la seguente: «Giuro di essere fede al Re, ai sui Reali successori ed al Regime Fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato e di esercitare l'ufficio affidatomi con animo di concorrere al maggiore sviluppo della cultura Nazionale»; cfr. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1933-1934, Giuramento dei membri e soci, b. 73, fasc. 75, Invito ai membri e soci a presentarsi presso la sede della Deputazione per prestare giuramento accademico e modulo per il giuramento, 16 giu. 1934.), pena la decadenza della carica.
1935-1945
Il 20 luglio 1934 venne emanato il Regio decreto legge n. 1226 sul coordinamento degli Istituti nazionali di studi storici, con il quale fu «istituita in Roma una "Giunta centrale per gli studi storici" con il compito di coordinare l'attività delle Reali Deputazioni e Società di storia patria» (n.d.r. Regio decreto legge n. 1226, 20 luglio 1934, Coordinamento degli Istituti nazionali di studi storici in Roma, art. 6). Secondo quanto ordinato dal decreto, entro un anno la Giunta avrebbe dovuto presentare al ministro per l'educazione nazionale un piano di «riordinamento di tutte le istituzioni storiche del Regno, creando eventualmente o sopprimendo Reali Deputazioni e Società di storia patria» (n.d.r. Regio decreto legge n. 1226, 20 luglio 1934, Coordinamento degli Istituti nazionali di studi storici in Roma, art. 10).
Il 20 giugno 1935, fu quindi approvato un regolamento unitario per tutte le regie Deputazioni di storia patria (n.d.r. Regio decreto n. 1176, 20 luglio 1934, Approvazione del regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria e Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria), che, oltre a ridefinire i territori di competenza delle Deputazioni non soppresse dal precedente decreto (n.d.r. gli istituti contemplati dal regolamento sono solo 17; cfr. Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, 1935, tabella A), stabiliva le stesse quali «organi periferici della Giunta centrale per gli studi storici (n.d.r. Regio decreto n. 1176, 20 giugno 1935, Approvazione del regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria e Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, art. 1).
La Deputazione assunse la nuova denominazione di Regia Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna, mantenendo la sua sede a Bologna ma inglobando le circoscrizioni delle soppresse Deputazioni di Modena e di Parma (n.d.r. nello specifico la circoscrizione della Regia Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna comprendeva le province di Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia, cfr. Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, 1935, tabella A, punto 6).
Con l'entrata in vigore di questo regolamento furono quindi «abrogati tutti gli statuti e regolamenti interni delle Deputazioni» escludendo «la possibilità che se ne emanino dei nuovi» (n.d.r. Archivio della Deputazione di storia patria per le Province di Romagna, Carteggio amministrativo, 1934-1935, Nuovo ordinamento della costituzione della nuova Regia Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna, b. 74, fasc. 76, Circolare n. 258 del Ministero della Educazione Nazionale, Direzione Generale Accademie, Biblioteche, Affari Generali e Personale, 9 settembre 1935; cfr. Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, 20 giugno 1935, art. 42) e vennero ridefiniti gli ambiti di ricerca della Deputazione oltre che riorganizzati tutti gli aspetti concernenti la vita associativa e amministrativa della Deputazione. Anche le modalità di ammissione alla Deputazione e la ripartizione dei membri subirono rilevanti variazioni, inoltre per la prima volta venne contemplato il versamento di una quota associativa (n.d.r. Secondo il nuovo regolamento le Deputazioni sarebbero state composte da tre categorie di associati: per le Deputazioni erano contemplate tre tipologie di adesione: quella dei deputati, nominati con Regio decreto su proposta del ministro per l'educazione nazionale; quella dei corrispondenti, designati dalle Deputazioni ed approvati dal ministro; ed infine quella dei soci, ammessi dal Consiglio direttivo a seguito di loro richiesta, e tenuti a versare una quota annua; cfr. Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, 20 giugno 1935, artt. 5-10).
Per «agevolare il compimento di quest'opera» di riordino, il Governo stabilì che fossero sciolti tutti consigli direttivi delle regie Deputazioni, e che se ne affidasse la temporanea amministrazione a dei regi commissari (n.d.r. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio Classificato, 1934-1935, Protocollo, b. 74, fasc. 76, Indicazioni del Ministero dell'Educazione nazionale al presidente della Deputazione Luigi Rava, 19 gen. 1935); per la Deputazione per l'Emilia e la Romagna venne nominato con regio decreto (n.d.r. Regio Decreto del 17 gennaio 1935) Pier Silverio Leicht (n.d.r. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio Classificato, 1934-1935, Nuovo ordinamento della costituzione della nuova Regia Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna, b. 74, fasc. 76, Comunicazione del Ministero dell'Educazione nazionale della nomina di Pier Silverio Leicht a Regio commissario, 30 gen. 1935).
Soltanto dopo parecchi mesi i lavori di «inquadramento delle Società storiche nel nuovo ordine» legislativo poterono ritenersi conclusi, e i commissari furono chiamati a mettere in atto le disposizioni governative. Leicht, nelle sue funzioni di commissario per le Regie Deputazioni di storia patria per le province di Romagna, per le province parmensi e per le province Modenesi, inviò al Ministero competente una dettagliata relazione dove, oltre a delineare un quadro dello stato di fatto, propose un piano di riordinamento (n.d.r. Leicht non si esimeva dal sottolineare che «si tratta, in complesso di Deputazioni che hanno vita e funzioni più complesse di quanto non avvenga di altre che hanno pure avuta vita […] nello stesso periodo di tempo; ciò rende naturalmente più difficile il pensare alla sistemazione di tante attività nel quadro d'un unico sodalizio. Bisogna infatti cercare un sistema che attua in pieno il criterio d'unità voluto dalla Giunta e dal Governo, nondimeno non diminuisca la vitalità dei centri di studi che si sono formati, e che hanno la loro ragion d'essere nelle particolari condizioni della storia politica di territori che furono stati indipendenti sino alla formazione del Regno», Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1934-1935, Nuovo ordinamento della costituzione della nuova Regia Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna, b. 74, fasc. 76, Relazione del commissario Pier Silverio Leicht, post mar. 1935, pp. 8-9). Il piano, seguendo le indicazioni già comunicate al commissario dalla Direzione generale delle Accademie e Biblioteche (n.d.r. era uno degli organi del Ministero della educazione nazionale; in quegli anni il ministro era Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon), prevedeva che la Deputazione modenese e quella parmense fossero trasformate in sezioni della Deputazione per l'Emilia e la Romagna; la stessa cosa sarebbe avvenuta per la Deputazione comunale di Ferrara (n.d.r. «quanto agli altri centri dove ora s'erano formate sezioni delle R. Deputazioni anzidette come Reggio, Piacenza, Bobbio ecc., […] proporrei […] fosse data ai soci residenti […] di riunirsi sotto la presidenza di uno di essi designato dal presidente della R. Deputazione di storia patria […]. A queste adunate si potrebbe dare il nome di centri di studi storici. Ciò avrebbe il vantaggio di non interrompere la tradizione formatasi in alcune città», Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1934-1935, Nuovo ordinamento della costituzione della nuova Regia Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna, b. 74, fasc. 76, Relazione del commissario Pier Silverio Leicht, [post mar. 1935], pp. 10-11). Questa struttura, che prevedeva dei presidenti e dei consigli di Sezione oltre che contemplare dei bilanci separati, sembrò la soluzione che meglio potesse garantire il proseguimento delle differenti tradizioni locali.
Nell'ottobre del 1935 i commissari vennero inoltre invitati a proporre dei nominativi alla Giunta centrale, per l'assegnazione delle nuove cariche, scegliendo fra coloro che non solo avevano già raggiunto una certa notorietà negli studi storici, ma soprattutto che potessero dare «massime garanzie politiche ed organizzative» (n.d.r. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1934-1935, Protocollo, b. 74, fasc. 76, Lettera della Giunta centrale per gli studi storici in merito alla ripresa dei lavori accademici, 23 ott. 1935). Per la Deputazione emiliana la scelta ricadde su Pericle Ducati, quale presidente, e su Antonio Boselli, quale vice presidente (n.d.r. Regio decreto del 9 agosto 1935); entrambe le cariche furono assegnate non più a seguito della nomina elettiva dei soci della Deputazione chiamati a deliberare, come era stato fatto fino ad allora, bensì direttamente con regio decreto , secondo quanto previsto dal nuovo regolamento (n.d.r. Regio decreto n. 1176, 20 giugno 1935, Sull'approvazione del regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, art. 4; Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio Classificato, 1934-1935, Nuovo ordinamento della costituzione della nuova Regia Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna, b. 74, fasc. 76, Nomina su proposta della Giunta centrale per gli studi storici e del Ministro segretario di Stato per la Educazione nazionale Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, 9 agosto 1935).
Così il 9 novembre del 1935, con seduta solenne e alla presenza del ministro e delle autorità cittadine, presso l'aula magna dell'Università di Bologna fu inaugurato il nuovo corso della Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna.
Nonostante il riassetto formale imposto dal Governo, di fatto l'attività della Deputazione non subì mutamenti essenziali; anche le Sezioni, che nell'uso corrente continuarono a definirsi Deputazioni, proseguirono le proprie ricerche in autonomia, fin quando l'insorgere del secondo conflitto mondiale determinò l'affievolirsi dell'opera della Deputazione emiliana, fino ad una sospensione quasi totale dei lavori nel biennio 1943-1945 (n.d.r. G. Fasoli, Premessa del presidente, in La Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna: centoventicinque anni dalla fondazione, Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1989, pp. 6-8).
1945-
Nell'estate del 1945, a seguito dell'occupazione degli alleati dell'Italia settentrionale, venne avviata un'opera di restaurazione che interessò anche gli enti culturali. A dirigere le diciassette deputazioni di studi patri, per condurle verso la ripresa delle attività, vennero nominati altrettanti commissari governativi provvisori (n.d.r. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1944-1945, Personale, b. 80, fasc. 86, carteggio fra il capitano Willis E. Fratt, rappresentante del Governo militare alleato, e Giorgio Cencetti, direttore dell'Archivio di Stato di Bologna, giugno 1945). Dopo un'attenta valutazione, per la guida della Deputazione emiliana, la scelta ricadde su Giuseppe Micheli, già presidente della Sezione parmense; questi, a sua volta, delegò la reggenza della presidenza al già segretario Fulvio Mascelli, nonché soprintendente archivistico dell'Emilia (n.d.r. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1944-1945, Personale, b. 80, fasc. 86, "Promemoria per il sig. Prefetto di Bologna", s. d.).
Da subito venne palesato al Ministero della pubblica istruzione il desiderio, mai attenuatosi in quegli anni, di ricostituire le deputazioni così come erano state prima del 1935; essendo tale auspicio condiviso anche dal commissario, iniziarono subito i lavori di compilazione di un nuovo statuto da proporre ai deputati (n.d.r. redazione di una proposta di statuto è affidata ad un ristretto comitato formato da Giorgio Cencetti, Giovanni Maioli, Fulvio Mascelli, Luigi Simeoni e Arturo Solari, cfr. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1944-1945, Personale, b. 80, fasc. 86, relazione del segretario reggente la presidenza Fulvio Mascelli al commissario governativo Giuseppe Micheli, 07 novembre 1945) e nel novembre del 1945 fu «convocata l'Assemblea generale di tutta la Deputazione, che abbraccia le provincie dell'Emilia e della Romagna per la modifica dello statuto del 1935, per la separazione delle varie sezioni che intendono ricostituirsi in separate deputazioni, come erano prima della riforma fascista» (n.d.r. Archivio della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, Carteggio classificato, 1945-1946, Verbali e inviti, b. 80, fasc. 87, verbali dell'adunanza generale del 7 nov. 1945). In quella sede venne dichiarato che il nuovo statuto intendeva mettere in evidenza «lo scopo prettamente storico dell'istituto, che va quindi considerato come un organo tecnico composto […] di professionisti della storia, organo propulsore di ricerche, di studi e illustrazioni delle fonti storiche della regione e non già un'accademia di cui si debba considerare come un'onorificenza appartenervi» (n.d.r. in molti documenti conservati nella serie del Carteggio classificato dell'archivio Deputazione, nello specifico nei fascicoli che vanno dal 1945 e il 1948, emerge il disappunto dei deputati per il declino del valore scientifico degli studi della Deputazione sotto la presidenza di Pericle Ducati; questo, soprattutto, a motivo di cooptazioni dettate più dalla volontà di compiacere la classe politica dominante, piuttosto che dall'interesse di far progredire la ricerca storica).
Il nuovo statuto, sebbene subito approvato dall'assemblea generale della Deputazione, venne ratificato dal ministero competente (n.d.r. secondo il nuovo ordinamento le deputazioni non sono più sotto le dirette dipendenze del Ministero della pubblica istruzione, ma, in quanto enti morali, sono comunque sottoposte alla vigilanza governativa] solo nel dicembre del 1947[[nota:nota:Decreto del Capo provvisorio dello Stato, n. 1746, 31 dicembre 1947, Approvazione dello statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, con sede in Bologna), ossia dopo che il capo provvisorio dello Stato ebbe emanato un decreto legge in forza del quale veniva abrogato il regolamento unico del 1935 e «le Società storiche istituite e riconosciute dallo Stato anteriormente al 28 ottobre 1922, riacquistano piena autonomia giuridica e amministrativa» (n.d.r. Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato, n. 245, 24 gennaio 1947, Abrogazione del regolamento delle deputazioni di storia patria e della annessa tabella).
Per effetto del citato decreto la Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna cessò d'esistere e nell'ambito del suo territorio risorsero la Deputazione di storia patria per le province di Romagna, con sede a Bologna, la Deputazione di storia patria per le province modenesi, con sede a Modena, la Deputazione di storia patria per le province parmensi, con sede a Parma e la Società di storia patria di Ferrara, con sede a Ferrara.
Il 19 dicembre 1948, sotto la presidenza del commissario straordinario Domenico Fava, la ricostituita Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, elesse le sue cariche sociali (n.d.r. presidente Luigi Simeoni, vicepresidenti Domenico Fava e Giovanni Natali, segretario Giorgio Cencetti, tesoriere Fulvio Mascelli) e finalmente i lavori del sodalizio ripresero con regolarità.
Gli statuti che sono seguiti a quello del 1948, compreso l'ultimo, redatto nel 1993 e tutt'ora in vigore (n.d.r. tali statuti sono stati approvati rispettivamente con decreto legge, n. 483, 20 febbraio 1958; decreto legge, 29 novembre 1970; decreto ministeriale, 20 dicembre 1993), hanno ribadito che il compito primario della Deputazione è di «promuovere gli studi storici relativi al Bolognese e alla Romagna e di provvedere, ove occorre in collaborazione con altri enti e istituti, alla ricognizione, alla pubblicazione e alla illustrazione delle fonti storiche regionali». Inoltre la Deputazione è chiamata ad intervenire «presso le competenti autorità qualora venga a conoscenza di pericoli che minacciano la conservazione del patrimonio culturale ed artistico e per promuove opportuni restauri. Essa esercita altresì le funzioni che, nell'ambito della sua competenza, possono esserle affidate dallo Stato e dagli Enti pubblici locali» (n.d.r. Statuto della Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna, approvato con decreto ministeriale, 20 dicembre 1993, art. 1).
Secondo quanto regolamentato dall'attuale statuto, per ciò che concerne gli associati, «la Deputazione si compone di membri effettivi, in numero non superiore a trenta (n.d.r. «I soci effettivi vengono scelti fra i soci corrispondenti che più attivamente partecipano ai lavori della Deputazione e si distinguono per l'attività di ricerca») e di un numero indeterminato di corrispondenti (n.d.r. «I soci corrispondenti sono scelti fra coloro che, per mezzo di pubblicazioni o di altre attività specifiche nel campo degli studi storici, hanno mostrato di poter cooperare efficacemente al raggiungimento dei fini della Deputazione») […] I membri effettivi che con lo studio e con l'opera si siano resi benemeriti della Deputazione, dopo un ventennio dal loro ingresso» possono essere «promossi alla categoria degli emeriti» (n.d.r. Statuto della Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna, approvato con decreto ministeriale, 20 dicembre 1993, artt. 2-3).

1862-1935
Gli uffici e gli organi della Deputazione sono regolati dall'articolo 18 dello statuto (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria, 1862, titolo V, art. 18), essi sono:
- il Presidente (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria, 1862, titolo V, art.22, «Il suo ufficio è d'invigilare all'esatta osservanza dello statuto, […]. Convoca e presiede altresì ai Consigli direttivo e amministrativo»);
- il Consiglio direttivo (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria, 1862, titolo V, art.26, «Il Consiglio direttivo si compone del Presidente, del Segretario e di tre Consiglieri per la Deputazione di Romagna, e di due per la modenese e la parmense […]»; art. 27 «Questo Consiglio dirige i lavori della Deputazione e dei singoli membri nella ricerca, scelta e pubblicazione de' documenti storici […]. Invoca dal R. Governo, oltre gli assegni ordinari, tutti quei provvedimenti che le circostanze addimostrassero indispensabili allo scopo dell'istituzione»);
- il Consiglio amministrativo (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria, 1862, titolo V, art.28, «Questo Consiglio si compone del Presidente e del Segretario della Deputazione, di e di un Tesoriere, di un Consigliere per ciascuna Deputazione di Parma e di Modena, e di due per quella di Romagna. […]»; art. 29 «Si occupa dei bilanci preventivi e consuntivi […]. Cura l'andamento giornaliero dell'Amministrazione, provvede ai casi d'urgenza, verifica e liquida le spese, rilasciando gli ordini per corrispondenti mandati»);
- il Segretario (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria, 1862, titolo V, art.30«Il Segretario è tenuto a compilare i processi verbali d‘ogni adunanza della Deputazione, il rendiconto annuo dei lavori della Deputazione […]. Scrive lettere d'ufficio, […] si tiene in corrispondenza coi Membri e Soci […]»)
- il Tesoriere (n.d.r. Statuto delle Deputazioni di Storia patria, 1862, titolo V, art.33«Il Tesoriere riscuote e custodisce le somme dell'assegno governativo, non che ogni altra, che da qualsiasi parte o per qualsiasi titolo venisse alla Deputazione. Eseguisce i pagamenti sopra regolari mandati»).
1935-1947
Gli uffici e gli organi della Deputazione sono regolati dagli articoli 4, 16, 28, 29 e 30 del regolamento per le Regie Deputazioni di Storia patria (n.d.r. Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, 1935), essi sono:
- il Consiglo direttivo (n.d.r. Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, 1935, art. 4 composto da un Presidente, un Vicepresidente e due deputati; art. 28 «i rapporti con le autorità centrali sono tenute dal Consiglio direttivo. Esso è l'organo direttivo della Deputazione, ne esercita l'amministrazione, provvede al conseguimento di tutti i fini di carattere generale, al buon andamento scientifico ed amministrativo delle Sezioni»);
- il Presidente (n.d.r. Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, 1935, art. 16, «Il presidente della Regia Deputazione ha la rappresentanza legale dell'ente, ne convoca e ne presiede le adunanze, ne firma gli atti ufficiali, ne promuove ogni attività. […]»).
- il Presidente e il Direttorio delle Sezioni (n.d.r. Regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria, 1935, artt. 16, 28, le Sezioni si coordinano con le autorità locali, con le altre Sezioni e con i privati attraverso un presidente di Sezione e un Direttorio).
1947-1993
Le cariche sociali della Deputazione sono regolate dagli articoli 5-12 dello statuto (n.d.r. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1958; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1970; Statuto della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, 1993), esse sono:
- il Consiglio direttivo (n.d.r. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1958, art. 5 «il Consiglio direttivo è composto del Presidente, di due vice-Presidenti, del Segretario e del Tesoriere»; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1970 «il Consiglio direttivo è composto dal Presidente, da due vice-Presidenti e da cinque consiglieri, tra gli emeriti e gli effettivi»; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, 1993 «il Consiglio direttivo della Deputazione è composto dal Presidente, da due vice-Presidenti e da cinque consiglieri, uno dei quali adempie le funzioni di Segretario e uno le funzioni di Tesoriere»);
- il Presidente (n.d.r. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1958, art. 8 «Il presidente ha la rappresentanza legale della Deputazione; convoca e presiede le adunanze; propone, d'intesa col Consiglio direttivo, il piano annuale di lavoro dirigendone poi l'esecuzione; promuove e dirige in genere tutte le attività dell'Istituto»; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1970 « Il presidente in solido con il vice-presidente residente in Bologna ha la rappresentanza legale della Deputazione»; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, 1993, come 1958);
- i due vice-Presidenti (n.d.r. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1958, art. 9; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1970; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, 1993);
- il Segretario (n.d.r. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1958, art. 10; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1970; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, 1993);
- il Tesoriere (n.d.r. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1958, art. 10; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1970; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, 1993);
- i Revisori dei conti (dal 1993) (n.d.r. Statuto della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, 1993, art. 12, sono tre - due eletti dai membri emeriti ed effettivi della Deputazione, uno nominato dal Ministero vigilante - i quali esaminano la regolarità dell'amministrazione, redigono il conto consuntivo da presentare all'Assemblea ed esaminano il bilancio preventivo).
- il Direttore di Sezione (n.d.r. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1958, art. 12 «nelle città ricche di documenti propri e ove abbiano residenza stabile almeno quattro membri effettivi, essi possono essere costituiti in sezione, con un Direttore da eleggersi triennalmente. […] Il Direttore soprintenderà ai lavori della rispettiva sezione presiedendo le particolari sedute di essa e corrisponderà con la presidenza, alla quale invierà annualmente una relazione del lavoro compiuto»; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, 1970; cfr. Statuto della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, 1993, art. 13).

La Deputazione, sin dalla sua fondazione, si è occupata di:
- promuovere gli studi storici relativi al Bolognese e alla Romagna;
- provvedere alla ricognizione, alla pubblicazione e alla illustrazione delle fonti storiche regionali;
- intervenire presso le competenti autorità qualora venga a conoscenza di pericoli che minacciano la conservazione del patrimonio culturale ed artistico e per promuovere opportuni restauri.

Legislazione
Si fornisce di seguito un elenco sintetico delle fonti normative alle quali si è fatto sopra riferimento nell'esposizione della storia delle vicende istituzionali dell'ente:
- 10 febbraio 1860: Decreto del Governatore delle Regie Provincie dell'Emilia che istituisce le tre Deputazioni.
- 6 lug. 1862: Regio decreto n. CCCCLI (parte supplementare) che approva lo statuto delle Deputazioni di storia patria delle Provincie dell'Emilia.
- 20 luglio 1934: Regio decreto legge, n. 1226, Coordinamento degli Istituti nazionali di studi storici in Roma.
- 20 giugno 1935: Regio decreto, n. 1176, Approvazione del regolamento per le Regie Deputazioni di storia patria.
- 24 gennaio 1947: Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato, n. 245, Abrogazione del regolamento delle deputazioni di storia patria e della annessa tabella.
- 31 dicembre 1947: Decreto del Capo provvisorio dello Stato, n. 1746, Approvazione dello statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, con sede in Bologna.
- 20 febbraio 1958: Decreto del Presidente della Repubblica, n. 483, Approvazione dello statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, con sede in Bologna e riconoscimento della personalità giuridica.
- 29 novembre 1970: Statuto della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, con sede in Bologna.
- 23 agosto 1988: Legge n. 400, art. 3, sulla Nomine alla presidenza di enti, istituti o aziende di competenza dell'amministrazione statale
- 20 dicembre 1993: Decreto ministeriale del 20 dicembre 1993, Approvazione del nuovo statuto della Deputazione di storia patria per le province di Romagna.

Tipologia:

  • ente di istruzione e ricerca

Note:

Scheda descrittiva a cura di Paola Infantino redatta nel 2017 nell'ambito del progetto "Una città per gli archivi", promosso dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

Fonti bibliografiche:

- La Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna: centoventicinque anni dalla fondazione, Bologna, presso la Deputazione di Storia Patria, 1989;

- Il primo cinquantennio della Regia Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna (1860-1910), Bologna, Stabilimento Poligrafico Emiliano, 1911.
Complessi archivistici: Redazione e revisione:
  • Redatta in xDams , 11/05/2016 - 25/01/2019